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Il 6 giugno finiremo di pagare le tasse

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Le tasse continuano a tormentare gli italiani, dalle imprese alle famiglie, ma bisogna pagarle per il bene comune. Peccato però che in Italia il carico fiscale pesi molto di più rispetto alle altre nazioni europee: peggio di noi c’è solo la Francia. Secondo i calcoli dell’Ufficio studi della CGIA, il 7 giugno è il tax freedom day, ossia il giorno di liberazione fiscale. Cos’è e quanto incasserà lo Stato nel 2022?
Da domani, lunedì 6 giugno. gli italiani saranno liberi dalle tasse. Potranno finalmente festeggiare il tax freedom day, data che sancisce in linea teorica la fine dei versamenti di tasse e contributi previdenziali allo Stato. In pratica le tasse si continueranno a pagare per tutto il resto dell’anno, però da martedì 7 giugno, il contribuente medio finirà di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.), iniziando finalmente a guadagnare per sé. Rispetto al 2021 il tax freedom day cade un giorno prima, dopo 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche.
L’Ufficio studi della CGIA ci tiene a precisare che quello del tax freedom day è che “un puro esercizio teorico che serve a dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, l’eccesivo peso fiscale che grava sugli italiani”. Facendo un confronto con le nazioni più importanti d’Europa, nel 2021 l’Italia risulta essere il Paese dove si sono pagate più tasse, dietro solo alla Francia. Se a Parigi la pressione fiscale era al 47,2 per cento del Pil, a Berlino si è attestata al 42,5 per cento e a Madrid al 38,8 per cento. Da noi, invece, il peso fiscale ha raggiunto la soglia record del 43,5 per cento. Considerando tutti e 27 i Paesi dell’Ue, l’Italia si è piazzata al sesto posto, dopo la Danimarca (48,1 per cento), la Francia (47,2 per cento), il Belgio (44,9 per cento), l’Austria (43,8 per cento) e la Svezia (43,7 per cento). L’anno scorso la media UE si è “fermata” al 41,5 per cento, due punti in meno rispetto a noi.
Per l’Italia il 2021 risulta essere l’anno peggiore mai registrato prima nella serie storica del “giorno di liberazione fiscale”, come mai? Prima di tutto ricordiamo che il risultato migliore lo abbiamo avuto nel 2005, quando la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle tutte le scadenze fiscali. Il picco della pressione fiscale invece è stato raggiunto proprio nel 2021, con un 43,5 per cento. Questo record negativo, ci tiene a precisare la CGIA, non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l’anno scorso a famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5 per cento) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9 per cento), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate.
Considerando una crescita economica attorno al 2,5 per cento circa, il peso del fisco nel 2022 sembra destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali, grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi. Stiamo parlando di:
• riforma dell’Irpef (-6,8 miliardi di euro di risorse);
• esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692 euro (-1,1 miliardi di euro);
• esonero pagamento Irap alle persone fisiche (-1 miliardo di euro).
Secondo i calcoli della CGIA nel 2022 lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021. Una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7 per cento. Pertanto, secondo l’Associazione artigiani e piccole imprese, “in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag (fenomeno che si realizza quando l’inflazione genera un aumento del carico fiscale, anche a parità di aliquote). Una misura che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche”.
Tra tutti i mesi del 2022, quello di giugno sarà il più difficile visto che i contribuenti italiani dovranno assolvere ben 141 scadenze fiscali (Versamenti, dichiarazioni, comunicazioni, richieste/domande/istanze, adempimenti contabili, etc.). Di queste, ben 122 (pari all’86,5 per cento del totale) imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio.