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Illeciti ambientali in una cava di calcare nel Torrente Rosmarino: sottoposta a sequestro un’area di 170.000 mq

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Sulla scorta delle indagini condotte dai militari dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Sant’Agata Militello sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Patti, è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di una cava di calcare e del relativo impianto di frantumazione per illecita gestione dei rifiuti e lo scarico di acque reflue industriali in mancanza di autorizzazione.
Il provvedimento, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Patti, riguarda un’area enorme di 170.000 mq, pari alla superficie occupata da circa 26 campi da calcio, all’interno della quale, secondo le ipotesi dell’accusa, le acque reflue industriali provenienti dall’attività recapitavano direttamente nel torrente Rosmarino attraverso due condotte interrate senza alcuna autorizzazione. Nell’area di cava avveniva inoltre l’illecito recupero dei rifiuti derivanti dalle operazioni di lavaggio del materiale inerte ed il deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi.

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L’indagine, avviata circa 6 mesi fa, è scaturita a seguito di un post apparso sui social network in cui emergeva una colorazione insolita delle acque del torrente Rosmarino che aveva attirato l’attenzione del personale della Guardia Costiera, facendo scattare i primi controlli sotto le direttive del Comandante, il Tenente di Vascello Luca Guadagno. Le verifiche hanno permesso di accertare – salvo diverse valutazioni giudiziarie nei successivi gradi di giudizio e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato – che tali acque provenivano da una cava di calcare e dall’impianto di frantumazione ad esso asservito i quali operavano in assenza di autorizzazione allo scarico. Dalle analisi analitiche effettuati sui campionamenti dei reflui prodotti dall’attività era emerso inoltre che scarichi con quelle caratteristiche, soprattutto se persistenti, avrebbero potuto avere un impatto sul corpo idrico deteriorando l’habitat ed incidendo sulla fauna e flora presenti nel sito, in quanto presentavano valori 570 volte superiori ai limiti di legge. Da queste prime risultanze investigative, nascevano quindi ulteriori approfondimenti, con il coinvolgimento di ARPA Sicilia e Città Metropolitana di Messina, che portavano all’individuazione di ulteriori condotte illecite nel campo dei rifiuti. In particolare il materiale estratto dalla cava, prima di essere venduto, era sottoposto ad operazioni di frantumazione e lavaggio che determinavano la produzione di un grande quantitativo di “fanghi” i quali venivano successivamente reimmessi in modo illecito all’interno della cava stessa in aree non più destinate all’attività estrattiva. In un’altra area della stessa è stato invece riscontrato il deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi, tra cui un mezzo pesante fuori uso. Il GIP, ritenendo sussistente il pericolo di reiterazione dell’illecito, ha quindi disposto il sequestro preventivo di tutta l’area.
L’operazione conferma l’impegno del Corpo delle Capitanerie di Porto nell’ambito delle attività a tutela dell’ambiente marino e costiero nonché alla sorveglianza e all’accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti.