Concordato in appello. È questa la formula che si prende, a sorpresa, la scena nel giorno della prima udienza del processo di secondo grado sul femminicidio di Alessandra Musarra. Presente in Aula anche colui che, in primo grado, è stato condannato all’ergastolo per omicidio, il 29enne Cristian Ioppolo, il colpo di scena si è palesato con la richiesta dell’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Felice Lima, di concordato: un istituto abrogato nel 2008 e poi reintrodotto, con qualche modifica, dalla legge Orlando, nel 2017. E che ha lasciato di stucco i familiari della ragazza uccisa, a Santa Lucia sopra Contesse, il 7 marzo 2019, la vigilia della Festa della Donna.
Il concordato prevede che accusa e difesa possano accordarsi sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri motivi; se i motivi dei quali chiedono l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, le parti devono indicare al giudice la pena sulla quale sono d’accordo. In questo caso, con le attenuanti generiche, l’ergastolo potrebbe trasformarsi in una condanna a trent’anni. In sostanza, la difesa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Billè, dovrebbe accordarsi con l’accusa sui motivi dell’appello, rinunciando agli altri avanzati al momento dell’impugnazione della sentenza di primo grado.