Così come successo in occasione degli eventi meteorologici particolarmente avversi registratisi negli scorsi mesi di settembre e ottobre, anche per le alluvioni che si sono abbattute sulla Sicilia a novembre, il governo Musumeci ha deciso di dichiarare lo stato di calamità e di avanzare conseguentemente all’esecutivo centrale la richiesta dello stato d’emergenza che consentirà di ottenere le risorse necessarie a riparare i danni subiti e a mettere in sicurezza i territori. In particolare – così come accertato dal dipartimento della Protezione civile della presidenza della Regione Siciliana – le zone sulle quali si sono abbattute trombe d’aria e forti temporali che hanno provocato allagamenti in aree urbane, frane, esondazioni di corsi d’acqua, crolli di infrastrutture e di alberi e interruzioni nei collegamenti stradali e ferroviari, sono quelle dell’Agrigentino (oltre al capoluogo, Cammarata, Licata, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Racalmuto e Ribera), del Nisseno (Niscemi e Sutera), del Catanese (Catania, Ramacca, Caltagirone), dell’Ennese (Agira, Assoro e Regalbuto), del Messinese (Gioiosa Marea, Lipari, Furci Siculo, Messina, Montalbano Elicona e Scaletta Zanclea), del Ragusano (la città di Ragusa, Comiso, Giarratana e Modica) e, infine, del Siracusano (Palazzolo Acreide).
“La stima dei danni – afferma il governatore Nello Musumeci – è ancora in corso, anche perchè si attendono le valutazioni definitive da parte delle amministrazioni locali. Ma c’è l’assoluta esigenza di ripristinare ovunque condizioni che consentano un ritorno alla normalità, eliminando ogni ulteriore situazione di rischio per le popolazioni. Si tratta di aree particolarmente vulnerabili per le quali non vanno lesinate risorse: gli interventi dovranno essere tempestivi e, soprattutto, risolutivi”.
Tecnicamente, la giunta di Palazzo Orleans ha chiesto per i nuovi territori colpiti l’estensione della dichiarazione dello stato di calamità deliberata lo scorso primo novembre, sollecitando la relativa dichiarazione dello stato di emergenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri.