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Mafia dei Nebrodi: confermate le aggravanti, scattano sette arresti

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Giro di vite sulla mafia dei Nebrodi. La Guardia di finanza di Enna ha eseguito 7 misure cautelari, 4 in carcere, 2 agli arresti domiciliari e un obbligo di firma, dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza del tribunale del riesame di Caltanissetta che aveva escluso l’aggravante del metodo mafioso, determinando la scarcerazione degli indagati.
L’inchiesta “Nebros II”, condotta dalla Guardia di Finanza di Enna e dalla Tenenza di Nicosia, con il coordinamento della Dda di Caltanissetta, era scattata a novembre del 2018 l’operazione che aveva svelato un sistema grazie al quale un gruppo di imprenditori agricoli, con la complicità di un funzionario pubblico e del direttore della Silvopastorale di Troina, riuscivano ad aggiudicarsi i lotti a pascolo del demanio di Troina. Le accuse contestate sono turbativa d’asta, abuso, d’ufficio, truffa aggravata sui contributi Agea, aggravati dal metodo mafioso.
La Cassazione ha accolto il ricorso della procura distrettuale antimafia di Caltanissetta e, riconoscendo l’aggravate del metodo mafioso, ha annullato l’ordinanza di scarcerazione del tribunale del riesame nisseno. Tornano in carcere Giovanni Foti Belligambi, 25 anni, di Bronte (Catania), Anna Maria Di Marco, 47 anni, di San Teodoro (Messina), Federica Pruiti, 41 anni di Bronte, Vita Cavallaro, 39 anni di Bronte. Custodia cautelare ai domiciliari per Giuseppe Foti Belligambi, 47 anni di San Teodoro, e Angioletta Triscari Gaiuccio, 42 anni di San Teodoro, obbligo di firma per Sebastiano Foti Belligambi 49 anni di San Teodoro.
Gli imprenditori agricoli coinvolti nell’operazione “Nebros”, avrebbero percepito indebitamente contributi comunitari per circa 3 milioni di euro. La decisione della Cassazione conferma l’infiltrazione mafiosa nell’aggiudicazione dei lotti di terreno a pascolo del Comune di Troina, che venivano aggiudicati con trattativa privata e con offerte segrete di aumento sulla base d’asta di pochi euro. Il sistema delle offerte segrete avrebbe permesso di pianificare e concordare le offerte da parte degli imprenditori agricoli, che riuscivano ad aggiudicarsi i lotti grazie alla connivenza del direttore pro tempore della Silvopastorale Antonio Consoli, che all’epoca dell’indagine non era più presidente.