Il ruolo del giornalista di fronte al “cambiamento dei modelli”

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Si è tenuto a Messina, presso l’Aula Magna della Corte d’Appello, il convegno “Informazione e servizio pubblico – Il lavoro giornalistico tra diritti e doveri, responsabilità e tutele”, valido per la formazione dei giornalisti e degli avvocati. Si tratta del nono appuntamento formativo organizzato dall’Associazione Giuslavoristi Italiani, dall’Ordine degli Avvocati di Messina e dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti. I lavori hanno visto la partecipazione dell’Avv. Giovanni Villari del Foro di Messina, di Alberto Sinigaglia, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e giornalista de “La Stampa” e Francesco Pira, docente di Comunicazione e Giornalismo presso l’Università di Messina.
Il primo, nel coordinare i lavori e durante l’intervento introduttivo, ha compiuto un excursus storico sul piano normativo con riguardo al tema dell’informazione, a partire dalla propaganda fascista fino ai giorni nostri.
Il Prof. Francesco Pira ha invece parlato di un “cambiamento del modello” dell’informazione: dalla stampa come strumento di potere utilizzato dal Fascismo all’epoca contemporanea, le trasformazioni sono state profondissime. Il servizio pubblico, che soprattutto nelle epoche scorse ha subito l’ampia influenza del partito politico, ha dovuto adeguarsi alle nuove tendenze. Volendo fare un esempio del potere dell’informazione, in particolare sul piano televisivo, si può riflettere sul fatto che Saddam Hussein, tra i primi atti successivi alla sua ascesa al potere, dotò ogni famiglia di una televisione: giornalmente, in tv, venivano passati messaggi politici. L’informazione televisiva pubblica ha risentito del cambiamento sociale ed economico. Poi, con la fase della nascita delle televisioni libere, la Rai si è dovuta mettere in discussione, ha dovuto proiettarsi sul mercato ed essere competitiva. La politica, ovviamente, ha sempre bisogno della comunicazione televisiva, anche al tempo dei social network. E, ancora, gli editori non stanno facendo il salto di qualità che sarebbe opportuno. Altro problema è quello della veridicità delle notizie. Secondo ricerche, l’82% degli italiani non distingue tra notizia vera e falsa e, al contempo, l’87% non si fida dei social network. Lo stesso “inventore” del web, al riguardo, ha detto di essersi pentito di averlo creato, a causa della trasmissione di odio che avviene in rete. Comanda chi ha il possesso della rete. C’è, inoltre, difficoltà a conciliare il cartaceo con l’on-line. Non c’è più la mediazione giornalistica delle notizie: gli stessi personaggi politici comunicano direttamente con il pubblico, attraverso i social network. La risposta alle fake news è il giornalismo d’inchiesta, anche per rendersi conto della fondamentale differenza tra informazione e giornalismo.
Alberto Sinigaglia si è soffermato sul pericolo per l’informazione e la democrazia, sottolineando l’importanza del “vecchio giornalismo”. Alberto Frassati, fondatore de “La Stampa”, si preoccupò, per prima cosa, dell’onestà del giornalismo ed è questo il punto centrale, soprattutto con riferimento al servizio pubblico. Il giornalismo è ormai condizionato dalla tecnologia e l’errore è stato sia sottovalutarla che sopravvalutarla. Spesso non ci sono nemmeno editori veri e propri, bensì proprietari ed amministratori, con al centro le esigenze di bilancio. C’è un giornalismo, talvolta, di “schiavi”, fatto di compensi indegni. Il giornalismo è finito? Alcuni addirittura se lo augurano, poiché così è più facile mentire e analoghi sono i fenomeni di giornalismo “servile”. I giornalisti, al contrario, hanno una responsabilità sociale molto importante e, spesso, sono gli unici a poter comprendere se una notizia è vera o falsa. Talvolta, la grafica è stata un grave danno per il giornalismo ed è connessa al sensazionalismo ed all’uso dei termini “guerreschi”. L’Ordine dei giornalisti deve pensare ad una seria autoriforma. Bisogna cambiare le regole d’ingaggio, scoraggiare i dilettantismi, creare giornalisti con studi e competenze precisi.

Benito Bisagni