“Non archiviate l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca”

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Non archiviate l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca. E’ questo l’appello al Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia da parte della famiglia del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, trovato morto a Viterbo il 12 febbraio 2004.
L’appello è stato firmato da don Ciotti, parlamentari come Lumia, Fava, D’Uva, Sarti, Scopelliti e Mattiello, tutti della Commissione Antimafia, oltre a Di Maio, Di Battista, Civati e Bolognesi; giornalisti come Orioles e Travaglio; l’attore e regista Jacopo Fo, i sindaci di Palermo (Orlando), Messina (Accorinti), Napoli (De Magistris); artisti come Guzzanti, Mannoia, Ligabue e da tanti altri. Attilio Manca fu ritrovato con due segni di iniezioni nel braccio sinistro e la sua morte è avvenuta per una overdose di eroina, alcool e tranquillanti. Ma Attilio era un mancino – hanno sempre osservato i genitori e confermato i suoi colleghi dell’ospedale Belcolle di Viterbo – e soprattutto non era un tossicodipendente con istinti suicidi. Secondo la tesi dei legali della famiglia Manca, Fabio Repici e Antonio Ingroia, Attilio Manca avrebbe visitato il capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano (prima o dopo il suo intervento alla prostata realizzato in Francia nell’autunno del 2003), dopodichè sarebbe stato eliminato in quanto testimone scomodo.
Per la Procura di Viterbo, invece, Attilio Manca sarebbe morto per essersi iniettato volontariamente due dosi fatali di eroina. Alla Procura distrettuale antimafia di Roma, dove da più di un anno è aperto un fascicolo contro ignoti ed è alla Procura della capitale che la famiglia Manca si appella per fare in modo che il caso non sia archiviato.