Mistretta, la scrittrice Ismete Selmanaj al centro di una tavola rotonda con la FIDAPA

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MISTRETTA – Due libri a confronto nell’estate di Mistretta. Il 16 agosto la sezione della F.I.D.A.P.A. locale ha organizzato un incontro con la scrittrice Ismete Selmanaj, autrice del libro “I bambini non hanno mai colpe” edito da Bonfirraro Editore.
Storie crude che necessitano di essere narrate. Sono quelle concepite con una passione senza eguali da Ismete Selmanaj, scrittrice di origini albanesi e siciliana di adozione – da venti anni residente a Rocca di Caprileone – che ha affidato i suoi “figli”, come spesso ama definirli, alla casa editrice Bonfirraro.
Sotto questo segno, sono nati, nel giro di appena due anni, “Verginità Rapite” e “I bambini non hanno mai colpe”, due romanzi dal forte impatto emotivo, legati alla storia della sua terra, l’amata Albania, che non smette mai di ispirarla.
«Ismete ci ha già emozionato un anno fa con il suo primo romanzo e adesso ci appassiona con “I bambini non hanno mai colpe”, già pubblicato da un anno in Albania, e in Italia per Bonfirraro editore: un thriller su argomenti scottanti come la pedofilia, la violenza familiare e le aberrazioni di un antico codice d’onore». Dice di lei Giusetta Cavolo, presidentessa della sezione F.I.D.A.P.A. di Mistretta, che l’ha voluta fortemente al centro di una tavola rotonda letteraria. L’incontro con l’autrice è fissato per martedì 16 agosto alle ore 18.
«La Selmanaj – continua l’architetto Cavolo – tratta temi scottanti con l’immediatezza e la sensibilità che le sono proprie. Le storie narrate portano il lettore a condividere la sofferenza materiale ed interiore delle vittime, ma offrono anche, e soprattutto, una soluzione alternativa e liberatoria, nella quale gli eventi sono già il superamento della loro presunta ineluttabilità».
“I bambini non hanno mai colpe”, che analizza una delle piaghe più mostruose della società contemporanea, la pedofilia, è un’opera letteraria che affonda le sue radici sociologiche nell’Albania post comunista (dove si assiste ancora a un rigurgito di un antico codice comportamentale, il Kanun) ma che si erge a messaggio universale, perlustrando l’animo umano nei suoi recessi più oscuri, scoprendo risvolti inconfessabili, costringendo l’emersione di fatti delittuosi gravi e intollerabili. Oggi, come emerge dal racconto, tale crimine, una volta scambiato per pratica sessuale, rientra anche nella logica del “mercato globale” e dello sfruttamento dei poveri: tutto si può ottenere, se si paga adeguatamente. Pur se presenti alcune scene “crude”, e nonostante l’intrinseca sgradevolezza della tematica trattata, grazie al pudore e alla sensibilità dell’autrice prevale la delicatezza e il rispetto umano.