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Rese dei conti, vertici e mozioni di sfiducia Ma nessuno vuole davvero staccare la spina

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PALERMO – Tre assessori via dalla giunta in una settimana. Un “colpo” in grado di mandare a gambe all’aria qualsiasi governo. Di far calare il sipario su qualunque legislatura. Non qui. Non in Sicilia. Dove l’ormai probabile addio di Lucia Borsellino, che si aggiungerà a quelli freschissimi di Nino Caleca ed Ettore Leotta, rischia di non lasciare alcun segno a Sala d’Ercole, tra i partiti di governo, dove in tanti sono pronti al solito, prevedibile, surreale “rilancio” dell’azione di un esecutivo che presto giungerà al trentasettesimo assessore in trenta mesi. Uno ogni venti giorni. Tanti quanti furono cambiati da Raffaele Lombardo. Ma in quasi cinque anni.

A Palazzo dei Normanni però non c’è fretta. Né ansia. Il governatore, chiamato a riferire in Aula, ha fatto sapere nel pomeriggio che non si sarebbe presentato. Era improvvisamente scoppiata una prevedibilissima emergenza rifiuti. Della situazione politica, Crocetta ha chiesto che si parli la prossima settimana. E nessuno, tra gli scranni del parlamento, ha protestato, chiedendo di affrontare gli evidenti problemi di un governo allo sbando. Nessuna fretta, invece. Nessun problema.

Nonostante una mozione di sfiducia sia stata annunciata persino da un esponente del Pd,Fabrizio Ferrandelli, che ha pure lanciato una iniziativa su Facebook con la quale chiede ai siciliani di lanciare un messaggio ai “coraggiosi”: staccare la spina. Ma la spina sembra, in realtà, non volerla staccare nessuno. “Certamente però – dice il presidente della commissione Affari istituzionali Antonello Cracolici – se andiamo avanti così, resterà solo l’ultimo a spegnere la luce. È come una pallina lanciata giù per una discesa, che acquista progressivamente velocità. Dobbiamo essere sinceri con noi stessi: il voto di Gela ha lanciato un messaggio chiaro, i siciliani non gradiscono il governo Crocetta. Si è rotto il rapporto tra l’esecutivo e la società. E anche tra il governo regionale e quello nazionale”. Tensioni esplose negli ultimi giorni con le forti polemiche tra il presidente della Regione e il sottosegretario Davide Faraone: “Una situazione che non sarei in grado di spiegare a chi giunge in Sicilia da un’altra parte, considerato che entrambi i presidenti, quello del Consiglio e quello della Regione sono esponenti del Partito democratico. Adesso bisogna ripartire davvero, è l’ultima chiamata, altrimenti ci aspettano mesi di logoramento dovuti al fatto di mettere le polemiche personali al di sopra dell’interesse generale”. E ovviamente, ad aggravare la situazione le imminenti dimissioni di Lucia Borsellino “che non è un assessore come gli altri – dice Cracolici – visto che è l’unico indicato da Crocetta prima del voto. È stata Lucia a chiedere ai siciliani di votare Crocetta, durante la campagna elettorale, mettendoci la faccia”.

Ripartire. Svoltare. Cambiare passo. Formule tirate fuori dagli sgabuzzini del politichese molto spesso, nel corso di questi trenta mesi di legislatura, un po’ da tutte le forze politiche, a turno. E nelle prossime ore gli stessi partiti celebreranno il nuovo, vecchio rito della “riunione di gruppo”. Toccherà al gruppo parlamentare del Pd domani, mentre i democratici tutti si rivedranno alla direzione regionale convocata per sabato, mentre giovedì sarà il turno dei deputati dell’Udc, alla presenza dell’ex ministro Gianpiero D’Alia. E anche tra i centristi, l’ipotesi di sposare una mozione di sfiducia a Crocetta non è nemmeno presa in considerazione: “A me – spiega il capogruppo Mimmo Turano – interessa la realtà, non le ‘sparate’ che non portano a nulla. Il mio gruppo farà delle richieste precise al presidente Crocetta. Le metterà nero su bianco e chiederà anche che vengano fissati i tempi per portare a termine ogni riforma, a cominciare da quella sulle Province. Ovviamente – aggiunge Turano – c’è un problema politico che non voglio sottovalutare, ma la situazione non si risolve con scelte o dichiarazioni umorali”. E nemmeno con un rimpasto, eventualità apertamente richiesta da esponenti del Pd, come il presidente della Commissione Salute all’Ars Pippo Digiacomo: “Avrei una medicina, una ricetta – dice il deputato – da suggerire a Rosario Crocetta per lenire le amarezze dell’urna e per indicargli la via di una sua sicura rielezione. E cioè quella di costruire una squadra di governo rigorosamente antitecnica e squisitamente filopolitica. Di quella politica buona, degli eletti dal popolo sovrano, di persone pulite e capaci, che ad ogni iniziativa pensano a fare cose che accrescano soddisfazione e consenso presso l’elettorato”. E non scarta l’ipotesi di un “ritocco” alla giunta, o quantomeno ai rapporti tra l’esecutivo e i partiti, nemmeno il leader dei Pdr, Totò Cardinale, che insieme ai deputati di Sala d’Ercole ha anche sottoscritto un documento politico col quale chiede, in buona sostanza, di “porre fine alle polemiche personali”. Ma Cardinale va anche oltre: “La soluzione ideale, a mio modo di vedere – spiega – sarebbe quella di una sorta di ‘governo dei migliori’ che assista e accompagni il presidente Crocetta. E per ‘migliori’, ovviamente, non mi riferisco a qualità personali o di altro tipo, ma alla possibilità di incidere nei settori nei quali vengono chiamati a operare, e anche nel rapporto col governo nazionale. Penso ad esempio – aggiunge Cardinale – al coinvolgimento dei capigruppo e dei segretari di partito nei confronti dei quali credo sia giunto il momento di far cadere ogni pregiudiziale. Penso che oggi, di fronte alle condizioni drammatiche in cui versa la Sicilia, nessuno possa tirarsi indietro”. Ovviamente, quella del “politico” non è l’unica soluzione prevista: “Se un tecnico è comunque sorretto dalla politica – aggiunge Cardinale – può funzionare bene. Ho apprezzato in questo senso, ad esempio, la nomina in giunta di un dirigente esperto come Rosaria Barresi. Se un tecnico però ha master e trenta e lode, ma non è in grado di reggere il suo ruolo, è meglio che vada a casa”.

Ma sullo sfondo, e nemmeno tanto, restano i problemi di una maggioranza divisa, sparpagliata, attraversata da profondissime tensioni. Le stesse che hanno portato ad esempio Nino Caleca a lasciare la giunta, dopo l’arrivo di Pistorio: “Spero che il motivo non sia davvero quello – dice il capogruppo dell’Udc Mimmo Turano – la sua nomina credo possa fare solo bene al governo”. Ma a Sala d’Ercole, nonostante le buone intenzioni, è già un “tutti contro tutti” che presto potrebbe emergere, in seguito all’esame della riforma delle Province. Non a caso, in queste ore è giunta anche la “bordata” al Pd di Antonio Malafarina, deputato del Megafono, il movimento del presidente Crocetta: “Come sempre – ha pubblicato sul proprio profilo Facebook – il Pd al governo, in Sicilia e altrove, non ci sa proprio stare. Ferrandelli e Cracolici criticano, annunciano sfiducie e de profundis ma non stimolano i propri assessori, e sono ben 4, a fare bene e in fretta per le risposte che dovrebbero dare. Manca la cultura di governo e il senso di squadra”. La squadra non c’è da molto tempo, a dire il vero. Ma tutti hanno ugualmente interesse a portare avanti la partita. Così, il “fischio finale” potrebbe arrivare da un’altra parte. Domani l’assessore all’Economia Alessandro Baccei parteciperà a una riunione della Ragioneria generale dello Stato, il tema è, ovviamente, quello del bilancio della Regione siciliana dove il governo regionale deve ancora versare 350 milioni di euro, come previsto da un accordo propedeutico alla Finanziaria. Due giorni dopo è atteso il giudizio di parifica della Corte dei conti. Così al di là delle mozioni di sfiducia, potrebbero essere altri i numeri a mandare in soffitta l’esperienza del governo Crocetta. I conti non tornano, non solo in politica o in giunta, ma anche nel bilancio.

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