L’ex presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, deputato regionale di Forza Italia, è indagato di pm di Palermo per peculato, truffa e false attestazioni per l’uso della sua auto blu. Al politico è stata notificata oggi la misura cautelare del divieto di dimora a Cefalù. Indagato anche il suo autista. La vettura istituzionale sarebbe stata usata per fini e scopi personali. Micciché: «Posso vantarmi di essere la persona più onesta che conosco. Non ho mai rubato una lira e se sono cascato in qualcosa davvero di non corretto, sono pronto a pagare», ha detto il politico.
«Io e il mio staff abbiamo sempre lavorato ed agito con la massima trasparenza e rigore. Sono pronto a chiarire tutto davanti gli organi competenti».
Il deputato regionale smentisce la circostanza del gatto portato dal veterinario con l’auto blu («Non l’ho mai fatto) e poi lancia uno sfogo personale: «Ho la sensazione – dice che questa vicenda sia la prosecuzione del massacro mediatico che ho subito qualche mese fa», dice, commentando l’indagine della Procura di Palermo in cui è accusato di peculato, truffa e false attestazioni. Quando parla di «massacro mediatico di qualche mese fa», Miccichè si riferisce all’indagine dei pm di Palermo di un anno fa – ma in quel caso non fu indagato – che condusse agli arresti domiciliari lo chef Mario Di Ferro, accusato di avere procurato cocaina all’ex presidente dell’Ars, che poi ammise di averne fatto consumo in passato. Miccichè era tornato alla ribalta politica dieci giorni fa dopo la notizia sul suo impegno a sostenere il candidato di Forza Italia alle Europee nelle Isole, Marco Falcone, col quale i rapporti sono tornati buoni dopo i dissidi del passato.
«La sicurezza dell’impunità dal punto di vista disciplinare ed amministrativo ha portato – e presumibilmente continua a portare – gli indagati a tenere comportamenti abusivi con modalità plateali, connotati, come si è visto, dal non preoccuparsi minimamente dell’uso e dell’abuso che dell’autovettura è stato fatto.
Dinanzi a tale quadro si constata l’inefficacia o inesistenza dei controlli spettanti ai vertici amministrativi dell’ente, con la conseguente assoluta libertà degli indagati di autodeterminarsi in ordine all’utilizzo dei mezzi messi a loro disposizione fino all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa o l’allontanamento illegittimo dal posto di lavoro».
Lo scrive il gip che ha disposto l’obbligo di dimora per l’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè indagato per peculato per l’uso illegittimo dell’auto blu. «Le condotte poste in essere dagli indagati, peraltro estremamente recenti, non hanno mancato di evidenziare profili di pressocché costante ripetitività, tanto da costituire, come più volte sottolineato, una vera e propria prassi delittuosa consolidata», spiega.
L’indagine che coinvolge con le accuse di truffa, false attestazioni e peculato il parlamentare di Fi Gianfranco Miccichè nasce da accertamenti più ampi su reati contro la pubblica amministrazione commessi da politici regionali.
Nell’ambito dell’attività investigativa, che è stata condotta anche attraverso acquisizioni di documenti e l’analisi dei dati del gps dell’auto blu assegnata al deputato, sono state sottoposte ad intercettazioni le comunicazioni effettuate da collaboratori, amici e familiari del politico che, secondo i pm, avrebbero tratto spesso benefici indiretti dagli illeciti da lui commessi: come l’autista dipendente dell’Ars Maurizio Messina, coindagato, il factotum Vito Scardina, assunto falsamente come collaboratore politico, in realtà impiegato con funzioni ben diverse tra le quali quella di preparare il cibo all’indagato, i componenti della segreteria politica Ugo Zagarello e Silvia Saitta e un amico del deputato, Salvatore Serio.
L’indagine che ipotizza l’uso illegittimo dell’auto di servizio da parte di Miccichè ha ricostruito la normativa in materia di assegnazioni dei veicoli di servizio che prevede «agli ex presidenti dell’Assemblea, deputati regionali in carica, che non abbiano incarichi di governo, l’assegnazione di un’autovettura con relativo autista». Dai lavori dell’Ars è emerso che la necessità di ripristinare la previsione di un’auto di servizio a beneficio dell’ex presidente dell’Ars che sia anche deputato regionale fosse stata sollecitata dallo stesso Miccichè, quando era presidente dell’Assemblea, abolendo la regola della preventiva richiesta di autorizzazione, fino a quel momento in vigore.
Con l’auto blu assegnata per servizio Gianfranco Miccichè, indagato per peculato, avrebbe fatto anche portare il gatto dal veterinario da Cefalù a Palermo. E in un altro caso l’Audi sarebbe stata impiegata per trasportare la benzina da dare alla moglie del parlamentare rimasta a secco. Emerge dall’indagine della Procura di Palermo.
Gli investigatori hanno inoltre accertato che per 76 volte Miccichè avrebbe confermato missioni mai effettuate dal suo autista, Maurizio Messina, coindagato con l’accusa di truffa, facendogli ottenere rimborsi che andavano da meno di cento a quasi 400 euro. Condotte che comportano per il politico l’accusa di truffa in concorso. L’autista, infine, per 209 ore totali avrebbe dichiarato la propria presenza in servizio mentre era a giocare al Bingo o da amiche, intascando i soldi dell’intera giornata lavorativa pur essendosi assentato e avendo dunque coperto un orario inferiore. La somma illecitamente guadagnata si aggira attorno ai 10 mila euro. A Messina è stato notificato l’obbligo di dimora a Palermo e Monreale.
Il gip ha disposto il sequestro di 2,138 euro a carico dell’ex presidente dell’Ars. Si tratta del costo dell’utilizzo improprio dell’auto blu.
“Stai tranquilla che sul peculato, proprio, na puonnu (ce la possono, ndr) s….. altamente”. Cosi’ il 4 luglio 2023 si esprimeva Giovanni – detto Gianfranco – Micciche’ parlando al telefono con una collaboratrice che commentando alcune notizie di stampa lo allertava, in qualche modo, sulle indagini che la Guardia di finanza stava conducendo all’Ars, proprio sull’utilizzo delle “auto blu”.