Al via i pagamenti per l’Assegno di inclusione, la misura rivolta ai nuclei familiari in cui ci sia almeno un componente minore, disabile o over-60, che dal primo gennaio di quest’anno ha mandato in soffitta il Reddito di cittadinanza. I primi accrediti partiranno venerdì 26 gennaio. «Le nuove misure di contrasto alla povertà sono oggetto di attacco, con una lettura spesso forzata dei dati. Una valutazione seria richiede tempo: se ogni singolo caso viene strumentalizzato si crea confusione e disorientamento», commenta la commissaria straordinaria dell’Inps, Micaela Gelera, intervenendo sul dibattito sulle nuove misure, l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro.
Sono finora oltre 563mila le domande presentate, secondo gli ultimi dati forniti dall’Inps, di cui l’88% da ex percettori del Reddito di cittadinanza. Il primo blocco è quello delle circa 450mila domande inoltrate a partire dal 18 dicembre ed entro il 7 gennaio, insieme al Patto di attivazione digitale (Pad): da venerdì prossimo scatteranno i pagamenti di quelle che hanno superato i controlli. La platea potenziale della nuova misura è di 737mila nuclei. L’importo medio stimato è di 635 euro. L’Adi sarà pagato con la Carta di inclusione: l’assegno può essere riconosciuto per 18 mesi e rinnovato, dopo la stop di un mese, per ulteriori 12 mesi. Già fissato il calendario successivo: dopo il primo slot del 26 gennaio, per le domande presentate a partire dall’8 gennaio ed entro il 31 gennaio (con il Pad sottoscritto entro la stessa data), il primo pagamento arriverà dal 15 febbraio; per le domande presentate a febbraio (e così via), il primo pagamento verrà disposto dal 15 del mese successivo a quello di sottoscrizione del Pad. A regime il pagamento sarà per tutti il 27 del mese di competenza. Dei nuclei che finora hanno fatto la richiesta dell’Adi, sempre sulla base dei dati dell’Inps, quasi la metà si concentra in due regioni, come già avvenuto per il Reddito di cittadinanza: Campania (26,7%) e Sicilia (21,8%). A seguire, tra le altre regioni: il 9,6% proviene dalla Puglia, l’8,1% dal Lazio, il 7,7% dalla Calabria e il 6,2% dalla Lombardia. L’Adi è in vigore dal primo gennaio 2024, ma la possibilità di inviare le domande è stata anticipata al 18 dicembre scorso.
Un nuovo strumento che, come più volte sostenuto dalla ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, cambia l’approccio rispetto al Reddito di cittadinanza, puntando ad essere un sostegno economico e di inclusione sociale e lavorativa. Non la pensa così l’opposizione, con il M5s in testa, padre del Reddito, che invece da tempo rimarca come con l’Adi si dimezzi la platea dei beneficiari. Sul fronte delle risorse, per l’Assegno di inclusione sono stanziati circa 5,5 miliardi per il 2024 e 1,5 miliardi per il Supporto formazione e lavoro (Sfl), l’altro strumento partito il primo settembre scorso rivolto alle persone occupabili (350 euro al mese per massimo 12 mesi). Le domande finora presentate per il Supporto sono quasi 165mila, di cui accolte poco più di 68mila. «Sono diverse le finalità delle misure e diverse le platee. – spiega Gelera – Soprattutto è diverso l’approccio: oggi è stato messo al centro il tentativo di costruire una prospettiva di inclusione sociale e lavorativa per i singoli e le famiglie coinvolte; un percorso più lungo, più solido che prevede i giusti controlli». Gelera evidenzia che «è la scelta tra soluzioni rapide e d’effetto ma poco risolutive e l’investimento in un progetto che senza trascurare le famiglie più fragili non tratti indistintamente i singoli componenti, valutandone criticità e potenzialità. Chi può lavorare ha diritto di essere accompagnato verso un percorso di attivazione. Non ci sfugge che serve comunque un giusto equilibrio».