CAPO D’ORLANDO – È stata fissata al 13 gennaio 2016, al Tribunale di Patti, l’udienza preliminare dell’inchiesta “Acque Pulite II” che il 16 luglio del 2013 portò al sequestro del depuratore comunale di contrada Tavola Grande a Capo d’Orlando. Il Pm Rosanna Casabona ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il sindaco di Capo d’Orlando, Enzo Sindoni, capo il dell’ufficio tecnico, Michele Gatto, il responsabile del servizio idrico integrato Antonio Marano, il titolare della ditta che gestiva il depuratore, Basilio Lima, Nino Paterniti Isabella della ditta Mutiecoplast, Giuseppe Monaco, amministratore unico dell’Ofelia Ambiente di Acireale, e gli autisti Settimo Ioppolo e Filippo Spidaleri. Contestati, a vario titolo, numerosi reati ambientali e contro la pubblica amministrazione.
L’operazione della Polizia del Commissariato di Capo d’Orlando era iniziata nel luglio del 2012, quando una prima ricognizione via mare, in corrispondenza dell’impianto di depurazione di Capo d’Orlando, aveva confermato quanto diversi cittadini della zona, avevano lamentato e segnalato. Il sopralluogo delle forze dell’ordine, documentato da riprese video, aveva permesso infatti di accertare la presenza di una condotta sottomarina in resina del diametro di circa 40cm, collegata all’impianto comunale di depurazione e poggiata sul fondo, il cui sbocco era situato ad una distanza dalla battigia di 433 metri e ad una profondità di 9 metri. La macchia di liquame, generata dal gettito di reflui fuoriuscito dalla condotta, si estendeva sulla superficie dal punto di origine verso est per circa 140 metri.
Il successivo sopralluogo all’esterno dell’impianto di depurazione reflui in località Zappulla del Comune di Capo d’Orlando, aveva evidenziato la presenza di diversi cumuli di materiale fangoso, verosimilmente rifiuti prodotti dal processo di depurazione, posti in regime di deposito temporaneo, all’interno delle vasche di essiccazione o all’esterno delle stesse nel piazzale circostante.
Le irregolarità sulla gestione dell’impianto erano state definitivamente appurate grazie ad una verifica effettuata dai poliziotti, unitamente a personale dell’Arpa di Messina (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), in data 31 luglio 2012, all’interno dell’impianto. Erano stati esaminati i differenti processi del ciclo funzionale, le acque in ingresso ed uscita dall’impianto, nonché i cumuli di fanghi derivati dal ciclo e depositati sul posto; si era provveduto inoltre a campionare, secondo i canoni stabiliti dalla vigente normativa, sia le acque che i fanghi.
Gli esiti delle analisi avevano confermato il superamento di tutti i parametri previsti dalla legge in ordine allo svolgimento di un regolare procedimento di depurazione, con presenza di elevatissimi livelli di Escherichia Coli (ben 7.000.000 UFC/100ml a fronte di un limite massimo di 5.000 pari a 1400 volte superiori ai limiti di legge).
L’indagine aveva poi portato alla scoperta di un sofisticato e sottile meccanismo di smaltimento illecito di rifiuti che dalla documentazione acquisita appariva formalmente regolare e che in realtà avrebbe permesso di utilizzare 234,70 tonnellate di fanghi da depurazione prodotti dall’impianto di Capo d’Orlando, classificabili come rifiuti speciali, per la produzione di fertilizzante biologico. La ditta incaricata di smaltire in discarica parte dei fanghi accumulati da anni all’interno del perimetro dell’impianto, anziché conferirli in discarica, li trasferiva a Ramacca, presso un impianto di recupero per la produzione di compost biologico, un fertilizzante utilizzato in agricoltura.
Tale forma di smaltimento illecito, arrecante un gravissimo rischio per la salute e l’ambiente, sarebbe stato ideato al fine di evadere l’ecotassa (conteggiata nel preventivo dell’amministrazione), ma non prevista per gli impianti di recupero. L’operazione aveva inoltre permesso di ottenere un risparmio sui costi di conferimento, in quanto i costi di smaltimento in discarica sono minori rispetto agli impianti di recupero.
L’operazione Acque Pulite II appartiene ad un più ampio fascicolo con analoghe operazioni che hanno reso possibile il sequestro preventivo degli impianti di depurazione dei comuni di Piraino, Brolo e Sant’Angelo di Brolo, Gioiosa Marea, Patti, Oliveri, Caronia, e l’emissione di numerosi avvisi di garanzia per i reati di frode in pubbliche forniture, inadempimenti di contratti di pubbliche forniture, scarico in mare di acque reflue urbane non depurate, attività illecita di gestione di rifiuti speciali, omissione di atti d’ufficio e getto di cose pericolose.
Le operazioni hanno permesso di svelare e contrastare una diffusa illegalità ambientale nel settore della depurazione e della gestione dei rifiuti che mette a grave rischio la salute dei cittadini e dell’ambiente; inoltre le operazioni condotte hanno permesso di avviare le iniziative e le procedure necessarie per risolvere definitivamente il problema della balneazione e dell’efficienza degli impianti di depurazione.