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Torture nel carcere di Reggio Calabria: indagate 14 persone tra cui due santagatesi

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Le presunte torture e lesioni personali aggravate consumate nel carcere “Panzera” di Reggio Calabria lo scorso 22 gennaio nei confronti di un detenuto napoletano, ritenuto un esponente di spicco della camorra, hanno portato a 14 indagati tra cui anche quattro poliziotti del messinese. Agli arresti domiciliari sono finiti Fabio Morale (1977) di Messina e Alessandro Sgrò (1983) di Sant’Agata Militello, mentre è stato sospeso dal servizio Alessandro Gugliotta (1983) di Sant’Agata Militello. Diversa, e più attenuata, la posizione di un altro indagato ed il Gip di Reggio si è riservata la decisione all’esito dell’interrogatorio: si tratta di Angelo Longo (1981) di Barcellona Pozzo di Gotto).
I fatti contestati agli indagati riguardano Alessio Peluso, 30 anni, che aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno. In risposta a tale condotta, secondo il provvisorio capo di imputazione, gli indagati conducevano illegittimamente il detenuto in una cella di isolamento, senza alcuna preventiva decisione del Consiglio di disciplina ovvero senza alcuna previa decisione adottata in via cautelare dal Direttore, serbando gratuite condotte di violenza e di sopraffazione fisica che cagionavano al detenuto acute sofferenze fisiche mediante più condotte e sottoponendolo ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Nello specifico, secondo la ricostruzione operata allo stato degli atti e fatti salvi i necessari successivi accertamenti di merito, le condotte si sostanziavano nel colpire ripetutamente il detenuto con i manganelli in dotazione di reparto, ma anche con dei pugni, facendolo spogliare e lasciandolo semi nudo per oltre due ore nella cella ove era stato condotto. Per coprire tali condotte, ed evitare conseguenze per una eventuale denuncia da parte del detenuto, il Comandante del Reparto, avrebbe poi redatto una serie di atti (relazione di servizio, comunicazione di notizie di reato ed informative al Direttore del carcere), in relazione ai quali gli vengono contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia.
Sei gli indagati colpiti dalla misura degli arresti domiciliari: il comandante della Penitenziaria, Stefano Lacava (classe 1974, nato a Firenze e residente a Reggio Calabria); Fabio Morale (1977, Messina); Domenico Cuzzola (1977, Reggio Calabria); Pietro Luciano Giordano (1967, Villa San Giovanni); Placido Giordano (1971, Taurianova); Alessandro Sgrò (1983, Sant’Agata MilItello).
Due gli indagati sospesi dall’esercizio di un pubblico ufficio: Alessandro Gugliotta(1969, Sant’Agata Miltello Messina) e Carmelo Vazzana (1970, Reggio Calabria).
Diversa, e più attenuata, la posizione di altri sei indagati, che il Gip di Reggio si è riservata la decisione all’esito dell’interrogatorio: Stefano Munafò(1988, Villa San Giovanni), Angelo Longo(1981, Barcellona Pozzo di Gotto), Diego Ielo (1965, Reggio Calabria), Antonio Biondo (1976, Melito Porto Salvo), Vincenzo Catalano (1969, Reggio Calabria) e il medico Sandro Parisi (1959, Reggio Calabria), indagato per depistaggio in quanto avrebbe reso false dichiarazioni al pubblico ministero nel corso delle indagini. Anche per lui il gip deciderà dopo l’interrogatorio se sospenderlo dal servizio.
Peraltro quasi un paio di mesi fa nello stesso carcere si era sollevato un problema generale.
“Noi detenuti del reparto dell’alta sorveglianza del “Panzera” siamo costretti a dover far emergere pubblicamente il trattamento che a noi è riservato, anche rispetto ai detenuti che nella nostra stessa condizione occupano le altre case circondariali. Ci sentiamo completamente abbandonati, in spregio alle garanzie più elementari che lo Stato e L’Europa impone nel trattamento dei detenuti.
Vogliamo ribadire, comunque, che questa lettera non ha l’intento di essere una protesta generica, ma ha l’aspirazione di voler cambiare la nostra condizione carceraria divenuta insostenibile. A tal proposito rappresentiamo di seguito solo alcune delle situazioni che riteniamo necessario modificare: Le celle restano sempre chiuse, e questo rende impossibile socializzare, provocando uno stato permanente di tensione in noi. Non abbiamo una stanza dove stendere i panni lavati, una palestra, un’area verde, un luogo, dove nei giorni di pioggia o di forte maltempo, poter passare l’ora d’aria, un frigo in cella, il pane fresco nei giorni festivi, non possiamo nemmeno organizzarci la spesa per la settimana, perché non conosciamo il saldo disponibile, oltre al fatto che la consegna della spesa avviene ogni 15 giorni, abbiamo bisogno del nulla Osta per avere la coperta personale, non possiamo partecipare a nessun tipo di corso (es. teatrale), utile anche per un possibile e sperato reinserimento nel tessuto sociale. Per questo Vorremo rivolgere un appello a chi di competenza, affinché possa adottare soluzioni rapide ed efficienti per risolvere la grave situazione di disagio e umiliazione in cui versiamo. Tutti noi detenuti siamo consapevoli che dobbiamo scontare la nostra pena, ma chiediamo solo di scontarla in modo dignitoso e soprattutto umano, augurandoci, così, che chi di dovere provi a migliorare le nostre condizioni carcerarie, anche nell’ottica di un recupero di ogni individuo presente nella struttura, senza distinzione alcuna, così come prevede la Costituzione”.