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Dettagli e reazioni dopo le condanne in primo grado al processo alla Mafia dei Nebrodi

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Ha occupato le prime pagine dei quotidiani e l’apertura dei Tg il processo alla Mafia dei Nebrodi dopo una camera di consiglio durata otto giorni. Ad avere comminata la pena più alta è stato Aurelio Salvatore Faranda (30 anni) mentre per Sebastiano Conti Mica sono arrivati 23 anni. Invece, l’ex sindaco di Tortorici Emanuele Galati Sardo è stato condannato a 6 anni e due mesi. In linea generale, i giudici del Tribunale di Patti hanno sostanzialmente confermato, seppur rivedendo al ribasso alcune pene, le tesi sostenute dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio della Direzione distrettuale antimafia di Messina.
Dai 1.045 anni di carcere per i 101 imputati richiesti dal pm ai 600 anni per 91 colpevoli in primo grado.
Queste le condanne che riguardano il maxi processo dei Nebrodi: condanna a 13 anni e 4 mesi per Pasqualino Agostino Ninone; 2 anni e 2 mesi per Laura Arcodia; 7 anni e 4 mesi per Sebastiano Armeli; 3 anni e 10 mesi per Giuseppe Armeli Moccia; 7 anni e 8 mesi per Rita Armeli Moccia; 5 anni e 4 mesi per Salvatore Armeli Moccia; 15 anni e mezzo per Calogero Barbagiovanni; 2 anni (pena sospesa)per Alessio Bontempo; 4 anni per Gino Bontempo; Calabrese Maria Chiara e Antonino Caputo; 3 anni e 4 mesi per Giuseppe Bontempo, Antonino Calì e Giuseppe Carcione. 12 anni per Salvatore Bontempo; 25 anni e 7 mesi per Sebastiano Bontempo detto “biondino”, 6 anni e mezzo per Sebastiano Bontempo Scavo, 10 anni per Salvatore Calà Lesina, Gino Calcò Labruzzo; 5 anni e 10 mesi per Jessica Coci; 17 anni e mezzo per Carolina Coci; 4 anni e 8 mesi per Rosaria Coci; 4 anni e 4 mesi per Sebastiano Coci, Giusy Conti Pasquarello e Antonina Costanzo Zammataro; 3 anni per Denise Conti Mica, 11 anni e 2 mesi per Ivan Conti Taguali; 5 anni per Massimo Costantini e Giuseppe Costanzo Zammataro (classe ’50); 3 anni per Claudia Costanzo Zammataro, 16 anni e 4 mesi anni per Giuseppe Costanzo Zammataro (classe ’82), 12 anni per Giuseppe Costanzo Zammataro (classe ’85); 3 anni e 2 mesi per Loretta Costanzo Zammataro; 3 anni per Romina Costanzo Zammataro, 6 anni per Valentina Costanzo Zammataro, 4 anni per Barbara Crascì, 4 anni e 4 mesi per Katia Crascì, 9 anni e 10 mesi per Lucio Attilio Rosario Crascì.
Inoltre 3 anni e 4 mesi per Salvatore Antonino Crascì, 6 anni e mezzo per Sebastiano Crascì, 13 anni e 7 mesi per Sebastiano Craxi; 2 anni per Sara Maria Crimi e Pietro Di Bella; 4 anni e 10 mesi per Salvatore Dell’Albani; 10 anni e mezzo per Sebastiano Destro Mignino, 6 anni e 11 mesi per Marinella Di Marco; 3 anni e 4 mesi per Maurizio Di Stefano; 5 anni 4 mesi per Antonino Faranda; 30 anni per Aurelio Salvatore Faranda; 4 anni per Davide Faranda; 6 anni e 2 mesi per Emanuele Antonino Faranda e Gaetano Faranda; 11 anni per Massimo Giuseppe Faranda; 2 anni (pena sospesa) per Giuseppe Ferrera e Valentina Foti; 4 anni per Vincenzo Galati Giordano (classe ’58); 21 anni e 8 mesi per Vincenzo Galati Giordano (classe ’69); 4 anni e 4 mesi per Santo Massaro Galati; 4 anni e 10 mesi per Daniele Galati Pricchia; 6 anni e 2 mesi per Emanuele Galati Sardo, 7 anni per Mario Gulino; 10 anni per Alfred Hila; 4 anni e 2 mesi per Roberta Linares; 11 anni e 8 mesi per Pietro Lombardo Facciale; 3 anni e 8 mesi per Francesca Lupica Spagnolo; 5 anni e mezzo per Rosa Maria Lupica Spagnolo; 3 anni per Mancuso Catarinella e Fabio Mancuso Cristoforo; 9 anni e mezzo per Antonino Marino Agostino; 6 anni e 8 mesi per Rosario Marino e Giuseppe Natoli; 4 anni e 10 mesi per Antonino Angelo Paterniti Barbino; 3 anni e mezzo per Massimo Pirriatore; 5 anni e 2 mesi per Elena Pruiti; 10 anni per Francesco Protopapa; 2 anni per Angelamaria Reale; 3 anni e mezzo per Danilo Rizzo Scaccia; 3 anni e 4 mesi per Giuseppina Scinardo e Angelica Giusy Spadaro; 4 anni per Giuseppe Scinardo Tenghi; 2 anni e mezzo a Giuseppe Spasaro; 11 anni e 10 mesi ad Antonia Strangio, 3 anni a Mirko Talamo; 10 anni e 3 mesi a Giovanni Vecchio; 5 anni e 8 mesi a Carmelino Zingales.
Tante le assoluzioni parziali per i condannati, mentre vengono assolti totalmente, quindi escono dal processo; Lucrezia Bontempo, Sebastiana Calà Campana, Andrea Caputo; Rosa Maria Faranda; Innocenzo Floridia, Giuseppina Gliozzo, Giuseppe Natoli, Elisabetta Scinardo Tenghi, Salvatore Terranova. Prescrizione totale per Giovanni Bontempo.
I condannati dovranno anche risarcire le parti lese fra cui associazioni «antimafia» come Libera e Addiopizzo Messina; il Centro studi «Pio La Torre» e il Comune di Tortorici. «È stata riconosciuta la mafiosità per i Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no — ha proseguito il procuratore aggiunto — ed è stata riconosciuta l’esistenza del 640 bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), in alcuni casi aggravata. Sicuramente questo è un aspetto importante ma è un dispositivo talmente complesso che va letto attentamente».
«Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia — dice in lacrime Giuseppe Antoci — e sono venuto in aula perché li volevo guardare negli occhi uno a uno e spiegare loro con questo mio atto di presenza che lo Stato ha vinto. Per me oggi è un giorno importante perché anche grazie alle mie battaglie si è arrivati a questo traguardo mentre io sono vivo grazie alla mia scorta datami proprio dallo Stato, non avrò pace sinché loro non saranno individuati e condannati». Poi va oltre: «Certo, mi piacerebbe sapere chi sono tutti quegli operatori appartenenti alla pubblica amministrazione che vedevano passare documenti con nomi importanti di boss mafiosi ai quali arrivavano milioni di euro di fondi europei nei conti correnti, chi certificava tale andazzo mentre quei fondi dovevano servire al rilancio dell’agricoltura in un luogo stupendo come i Nebrodi popolato da tane persone perbene ed invece andavano ai mafiosi. Ecco, spesso penso a loro e al loro silenzio ma era paura o connivenza?». Un silenzio che, secondo Antoci, ha avuto conseguenze. «Anche quel silenzio ha armato le mani di chi quella notte voleva uccidere me e i poliziotti della mia scorta — conclude — Spero si faccia luce anche su questo. Ci sarebbe stata un’altra strage di mafia da commemorare, invece oggi celebriamo la vittoria dello Stato che dimostra che quando si muove unitariamente, quando fornisce mezzi normativi alle forze di polizia e alla magistratura per combattere le mafie, arrivano anche i risultati».