Nei giorni scorsi una 68enne catanese ha avuto uno sfortunato incontro ravvicinato con i tentacoli di una caravella portoghese (Physalia physalis), a causa del quale ha sviluppato una grave sintomatologia ed è stata ricoverata d’urgenza per problemi cardiaci preesistenti presso l’unità di terapia intensiva dell’ospedale Policlinico San Marco da cui è stata dimessa dopo 48 ore. La presenza di questo organismo marino, spesso erroneamente confuso con una medusa, è solo occasionale nel Mar Mediterraneo, tuttavia gli avvistamenti sono aumentati sensibilmente negli ultimi anni, soprattutto nelle acque della Sicilia. Qui le caravelle portoghesi giungono trasportate dal vento e dalle correnti dopo essere entrate nel Mediterraneo dall’Oceano Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra. L’incidente verificatosi ad Aci Trezza, frazione marinara di Aci Castello, non è il primo in Italia e nemmeno il più grave; nel 2010, infatti, una 69enne fu punta e uccisa da una caravella portoghese mentre faceva il bagno a Villaputzu, nella Sardegna meridionale. Ad oggi è considerata la probabile prima vittima di questo organismo nel Mare Nostrum. Ma cos’è esattamente una caravella portoghese?
La caravella portoghese è un animale marino appartenente al phylum dei celenterati, dei quali fanno parte meduse, coralli, idrozoi e altri organismi. È classificata come sifonoforo, un insieme di quattro organismi distinti (gli zooidi) che vivono in simbiosi, strettamente dipendenti l’uno dall’altro per permettere la sopravvivenza. L’aspetto è inconfondibile: fuori dall’acqua è ben visibile lo pneumotoforo, una sacca ricolma di gas dai colori vivaci – dal blu al violetto, passando per il rosato – che consente all’animale di galleggiare. Sotto di esso si trovano i lunghissimi tentacoli urticanti, che possono raggiungere decine di metri di lunghezza. Nei casi più estremi anche 30 – 50 metri. Grazie ad essi la caravella portoghese è in grado di intrappolare con un “abbraccio mortale” le sue prede e nutrirsi, come mostra la seguente immagine scattata nell’Atlantico, innanzi alle isole Azzorre.
Poiché si comporta come un organismo planctonico, che non nuota attivamente ma si lascia trasportare da correnti e venti, capita che in seguito a meteo avverso possa raggiungere agevolmente le coste, dove il rischio di incidenti è sensibilmente più elevato. Alla fine dello scorso anno diversi esemplari finirono spiaggiati dopo una mareggiata sul lungomare del Lancashire, nei pressi di Blackpool (Regno Unito).
👇🏼 Perché può essere letale
Il veleno urticante della caravella portoghese è contemplato tra i più potenti e pericolosi della fauna marina. Non è letale come quello delle cubomeduse australiane, ma può avere conseguenze letali nei soggetti particolarmente sensibili e vulnerabili. “Se è robusta, e se la puntura si verifica mentre l’animale sta pescando, i sintomi, in chi ne è vittima, sono molto forti, simili a quelli di una fortissima scarica elettrica, e il segno che rimane è come quello di un ferro rovente appoggiato sulla pelle”, aveva affermato all’ANSA in occasione dell’incidente mortale in Sardegna il professor Ferdinando Boero, esperto di celenterati e docente di Zoologia e Antropologia presso l’Università di Napoli Federico II. Nel caso della donna catanese punta di recente si sono sviluppati mal di testa, vomito, grave aritmia cardiaca, astenia e difficoltà respiratorie che l’hanno portata al ricovero in terapia intensiva. “Sintomi così importanti e lesioni cutanee caratteristiche sulla schiena, sui glutei e sulle gambe lasciano immaginare che si tratti proprio della puntura di una Caravella portoghese”, ha dichiarato la dottoressa Benedetta Stancanelli, primario dell’ospedale. La reazione nei soggetti sensibili, oltre al dolore lancinante provocato dal veleno rilasciato nella pelle, può portare alla paralisi, all’arresto cardiocircolatorio e allo shock anafilattico.
👇🏼 Cosa fare in caso di puntura
Per prima cosa è doveroso sottolineare che, quando una medusa o un organismo affine ci punge con i suoi tentacoli urticanti, non ci sta attaccando; semplicemente, ci siamo andati a sbattere contro o è l’animale a esserci finito addosso, senza alcun intento aggressivo. In altri termini, è solo sfortuna. In caso di puntura è fondamentale mantenere la calma e non farsi prendere dal panico, anche perché il dolore può essere insopportabile e nei soggetti predisposti può scatenarsi l’anafilassi, una reazione allergica potenzialmente fatale. Se si è in acqua alta è importante tornare indietro a nuoto, salire su un’imbarcazione o farsi aiutare da qualcuno, ma non restare sul posto. Come spiegato dal dottor Antonio De Bitonto, Responsabile dell’Unità Operativa di Dermatologia presso il Policlinico San Marco del Gruppo San Donato, una volta a riva va verificato che non siano rimasti pezzi dell’animale attaccati al corpo, che vanno eliminati con molta attenzione. Se si usano le mani vanno messi i guanti, ma è meglio un oggetto sottile e rigido come una carta di credito. Dopo aver tolto i residui dell’animale la zona colpita va risciacquata con acqua di mare; non l’acqua dolce che può favorire lo scoppio di eventuali nematocisti rimaste sulla pelle, con conseguente rilascio di ulteriori tossine. Non vanno usati nemmeno la pipì, l’ammoniaca e altri “rimedi della nonna” che rischiano solo di peggiorare l’infiammazione. Gli autorevoli Manuali MSD per operatori sanitari raccomandano di non usare l’aceto prima dell’acqua di mare per la puntura di una caravella portoghese, consigliato invece per quelle di altri celenterati. Ovviamente è necessario richiedere assistenza sanitaria specialistica e recarsi a un pronto soccorso nel caso in cui non ci si dovesse sentir bene dopo la puntura.