Home Cronaca Siccità, gli invasi della Sicilia sempre più a secco

Siccità, gli invasi della Sicilia sempre più a secco

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Un altro colpo di acceleratore sulla crisi idrica, più forte rispetto a quello registrato il primo giugno scorso, quando l’ammanco su base mensile era risultato tutto sommato contenuto e pari al 4 per cento, in uno stillicidio che, con alti e bassi, prosegue ormai quasi ininterrottamente da un anno: è l’andamento dei volumi d’acqua contenuti nelle dighe siciliane, che tra mancanza di piogge, temperature sopra la media stagionale ed evaporazione non riescono a tenere il passo rispetto all’uso potabile e irriguo della risorsa, nonostante il razionamento delle immissioni in rete soprattutto sul fronte campagne.

Dati alla mano aggiornati al 24 giugno, secondo l’ultimo report in materia dell’Autorità regionale di bacino pubblicato in queste ore, i laghi dell’Isola presentano poco più di 267 milioni di metri cubi d’acqua, di cui solo 121 effettivamente utilizzabili per non superare al ribasso la fatidica asticella oltre la quale verrebbe messa a rischio la salvaguardia delle specie ittiche che vivono nelle strutture: si tratta di 33 milioni in meno al confronto con il mese precedente, per un deficit del 21%. Per non parlare del paragone con lo stesso periodo del 2023, rispetto al quale, in termini di risorsa tout court, utilizzabile e non, la flessione ammonta al 50% circa: nel giro di 12 mesi, dal contenuto complessivo invasato nell’Isola, sono scomparsi 261 milioni di metri cubi, come se fossero spariti nel nulla sette bacini di grandi dimensioni.

Ma dal quadro nero complessivo emergono anche, se possibile, situazioni singole peggiori, come quella del lago Fanaco, nel Palermitano, dove la distinzione tra acqua invasata e utilizzabile non c’è più, perché il bacino ha già raggiunto la soglia limite oltre la quale non si può più andare, pari a 454 mila metri cubi, il 96% in meno rispetto agli oltre 12 milioni fotografati il primo luglio dello scorso anno. Male anche l’Ancipa, tra Enna e Messina, il cui deficit, sempre su base annuale, è arrivato all’80% circa e, ancora nella città metropolitana di Palermo, gli invasi Rosamarina e Poma, dove le asticelle idriche toccano, rispettivamente, il 64% e il 40% in meno. In evidente crisi pure la diga Castello, nell’Agrigentino, che ha visto consumarsi il 54% di risorsa, ma non se la passano meglio le strutture del versante meridionale del territorio.

Anzi, l’invaso di Pozzillo, nell’Ennese fondamentale fonte di approvvigionamento per l’agricoltura, continua a registrare il deficit più critico della Sicilia dopo il Fanaco, con un crollo del 90%, mentre, sempre sul fronte dell’utilizzo irriguo e sempre nel confronto annuale, la diga di Santa Rosalia, a Ragusa, segna un ammanco del 42%.
Intanto, se nelle dighe l’acqua continua a calare, nelle aziende agricole siciliane aumenta il grido di dolore causato dalla siccità. Anche nel comparto olivicolo, dove Mario Terrasi, presidente di Oleum Sicilia, organizzazione di imprese associata a Coldiretti, quando mancano poco più di due mesi all’inizio della raccolta, conferma al nostro giornale «un calo del 40% rispetto alla media produttiva dell’Isola», che tradotto in peso significa «20 mila tonnellate in meno delle abituali 50 mila».

È la stessa, pesante flessione riscontrata nel 2023, ma per fattori diametralmente opposti alle intense precipitazioni e ai forti venti che l’anno scorso ostacolarono l’allegagione delle piante: «stavolta, la crisi idrica ha assetato gli ulivi, che, da alberi intelligenti, sono andati in autoprotezione, producendo meno frutti. Un vero peccato, perché, considerando che finora non abbiamo avuto i quei pericolosi sbalzi termici che possono mettere in pericolo le coltivazioni, questa poteva essere l’annata della svolta». Il tutto, mentre l’anticiclone africano piombato sulla regione non accenna ad andarsene: «il suo rinforzo su Mediterraneo», spiegano i climatologi di 3Bmeteo, «determinerà una lunga fase di tempo stabile e ampiamente soleggiato, con caldo intenso e temperature massime fino a 37-41 gradi in pianura. Lungo le aree costiere e dell’immediato entroterra, gli elevati tassi di umidità determineranno afa anche intensa».