Pasqua infelice per chi è impegnato nella distribuzione organizzata e ha partecipato allo sciopero nazionale contro Federdistribuzione che si è tenuto anche a Messina in piazza Cairoli, dove decine di lavoratori, che ritengono offensivo l’aumento di 70 euro nel salario, attendono il rinnovo del contratto nazionale addirittura dal dicembre 2019. L’astensione, in media del 60%, ha toccato punte dal 70% al 100%, con la chiusura di alcuni punti vendita nelle diverse aree del Paese. Il precedente contratto fu siglato ben 45 mesi dopo quello del TDS Confcommercio, oggi i tempi si stanno allungando a dismisura perché sono passati già 51 mesi dalla scadenza del primo (e al momento ultimo) CCNL sottoscritto dalla citata Associazione datoriale con FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL e UILTuCS.
“A distanza di anni l’arroganza non scema, anzi si acuisce – spiega la segretaria generale di Filcams Cgil Messina Giselda Campolo – quello che propongono ancora una volta è mortificante alla luce dell’inflazione. Un aumento di appena 70 euro per quarto livello, riproporzionato per gli altri livelli a fronte di mesi e mesi di trattative ormai interrotte, perché riteniamo questo atteggiamento e queste scelte profondamente offensive sia nei confronti delle organizzazioni sindacali sia soprattutto per chi contribuisce alla produzione dei fatturati di queste aziende.
Non si svendono i diritti, non si comprano i lavoratori. Dovranno firmare il contratto nazionale senza chiedere rinunce ai lavoratori per renderli ancora più schiavi di quanto non lo siano già”.
“Offrire pochi euro alle lavoratrici ed ai lavoratori – spiega Il segretario generale della Uiltucs Messina Francesco Rubino – a fronte della rinuncia a pezzi di contratto nazionale, è offensivo da parte di Federdistribuzione che non tiene conto dell’aumento inflazionistico, ma ancora di più appare un volere comprare la flessibilità selvaggia sugli orari di lavoro mortificando il tempo di vita delle persone, volere comprare la dignità abbassando le mansioni delle lavoratrici e dei lavoratori; Fedredistribuzione non sembra volere rinnovare il CCNL ma tornare indietro di 30anni con i diritti contrattuali”.
La dinamica inflazionistica infatti ha messo a dura prova la tenuta dei loro redditi da qui il tanto agognato accordo di rinnovo che ha visto una serie di pretese irrealistiche finalizzate unicamente a far naufragare una già complessa negoziazione. “L’irresponsabilità di Federdistribuzione – spiegano in una nota la Segreterie unitarie di Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs nazionali – si è palesata in svariate richieste finalizzate a sabotare diritti e garanzie attualmente contenute nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro che le lavoratrici e i
lavoratori della distribuzione commerciale hanno raggiunto a costo di sacrifici e di lotte nel corso degli ultimi decenni:
– l’introduzione di una flessibilità incontrollata e generalizzata con contratti a termine di durata
indeterminata (oltre i 24 mesi!);
– lo smembramento del sistema di classificazione del personale con l’attribuzione dell’addetto alle
operazioni ausiliarie alla vendita a mansioni inferiori quali il pulimento di aree di vendita e servizi (come illegittimamente fanno alcune aziende associate a Federdistribuzione); l’azzeramento di ogni dignità professionale con il sotto inquadramento di chi ha la responsabilità di interi format commerciali complessi;
– la creazione di una “nuova” mansione adibita alla movimentazione delle merci trascinandola verso il quinto livello e svuotando l’attuale previsione al quarto livello, al solo fine di far risparmiare le imprese sulla pelle dei lavoratori”.
Lo schema negoziale che propone Federdistribuzione ancora una volta è di mortificare il rinnovo del CCNL in una logica di scambio tra una presunta disponibilità ad erogare il dovuto aumento salariale (mai esplicitata nel dettaglio nelle 17 ore di trattativa) in cambio di un peggioramento della parte normativa che preveda la precarizzazione dei lavoratori attraverso un sistema derogatorio della legge e proponendo l’umiliazione della professionalità dei lavoratori attraverso un abbassamento dei livelli di inquadramento. “L’azione di rivendicazione – continuano Campolo e Rubino – non si fermerà e anzi sono state già messe in campo ulteriori azioni di protesta siano a quando non arriveremo ad un vero e degno rinnovo contrattuale come già fatto con tutte le altre associazioni datoriali”.