Home In primo piano Salta la riforma delle province e l’opposizione chiede le dimissioni di Schifani

Salta la riforma delle province e l’opposizione chiede le dimissioni di Schifani

380

Bocciata all’Assemblea Regionale Siciliana la legge per l’elezione diretta dei presidenti delle Province. L’Ars, con voto segreto, 25 favorevoli e 40 contrari, ha bocciato il disegno di legge. Tredici i franchi tiratori nella maggioranza. Fallisce, dunque, il tentativo del governo di Renato Schifani di reintrodurre il voto diretto nelle Province in Sicilia. La maggioranza è ai ferri corti visto che ha bocciato al primo voto quanto aveva proposto.
Ovvio siano iniziate le polemiche che stanno infiammando il centrodestra.
La lettura del voto è abbastanza semplice. Poiché in aula la maggioranza poteva contare su 38 deputati presenti (erano assenti due di Fratelli d’Italia), è ovvio che i franchi tiratori sono stati almeno 13, compresa Forza Italia. Cioè la differenza fra i 38 potenziali e i soli 25 voti arrivati a favore della riforma fortemente voluta da Schifani.
E tuttavia il bilancio potrebbe essere ancora peggiore per il governo. Poiché le alchimie della politica sono molteplici, si è sparsa la voce all’Ars che il Pd è andato in soccorso del governo condividendo lo spirito della legge. Ciò significherebbe che alcuni deputati del Pd hanno votato a favore e sarebbero quindi da considerare fra i 25. Dunque, per converso, quelli della maggioranza che hanno votato a sostegno della riforma sarebbero ancora meno e crescerebbero così i franchi tiratori arrivando potenzialmente al numero di 15 o 16, forse di più. Ma è una ricostruzione che i più navigati deputati de centrodestra smentiscono riconducendo il fuoco amico a “soli” parlamentari alleati.
Ciò è dovuto alle scorie lasciate dalle nomine dei manager della sanità e dalla bocciatura, la settimana scorsa, della norma salva-ineleggibili che era cara a Fratelli d’Italia.
Della riforma, ovviamente, non se ne parla più. E meno che mai delle elezioni previste a giugno. Si passa quindi alle elezioni di secondo livello, quelle che chiamano al voto i sindaci e i consiglieri del territorio per eleggere vertici con poteri limitati.
Renato Schifani ha lasciato l’Ars visibilmente amareggiato un minuto dopo il voto che gli ha consegnato una maggioranza in frantumi e una riforma che era un punto chiave del governo ormai naufragata.

«Il presidente Renato Schifani prenda atto della sconfitta e dell’implosione della sua maggioranza che ha votato contro la riforma delle Province a firma proprio del governatore e si dimetta». Così molti parlamentari dell’opposizione che stanno intervenendo all’Ars – tra cui Cateno De Luca di Sud chiama Nord, Antonio De Luca e Nuccio di Paola del M5s, Mario Giambona del Pd – dopo la bocciatura della riforma delle province.
«Il parlamento regionale ha sfiduciato palesemente per la seconda volta il presidente Schifani presente in aula. La prima volta con il disegno di legge che salvava gli ineleggibili, ed oggi con l’altro suo cavallo di battaglia ovvero la restaurazione delle province regionali e delle relative poltrone. Se fossi il presidente Schifani trarrei le dovute considerazioni da questa ennesima bocciatura. La maggioranza di destra non esiste più e non rappresenta i siciliani».
Per Cateno De Luca «la bocciatura del disegno di legge sul voto diretto nelle Province in Sicilia rappresenta l’ennesima sconfitta, per il governo di Renato Schifani, nel giro di pochi giorni». «L’Assemblea, con il voto segreto richiesto dal nostro gruppo e che ha visto 25 favorevoli e 40 contrari, al mantenimento dell’art. 1 della norma, ha bocciato la norma sulla elezione diretta per le province mettendo in evidenza una maggioranza che è andata sotto. Avevamo invitato il presidente Schifani – ha aggiunto – a un confronto costruttivo su un anno di attività, ma purtroppo la sua presenza oggi sembra essere stata ancora una volta sfortunata per la sua stessa maggioranza. Lo avevamo detto all’inizio dei lavori che la sua presenza Presidente non avrebbe portato bene. È evidente che l’atteggiamento intimidatorio del presidente Schifani non ha sortito gli effetti sperati. La sua presenza in aula sembra aver contribuito alla disgregazione della sua stessa maggioranza. È giunto il momento di voltare pagina e di scegliere un presidente degno di questo nome. Alla luce di quanto è successo il presidente Schifani non può che dimettersi. C’è di mezzo credibilità della Sicilia. D’altronde lui stesso aveva affermato entrando in aula che si sarebbe dimesso in caso di voto negativo, sia coerente e si dimetta».