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Molestie sessuali del 35enne docente messinese Giulio Chiofalo, parla una mamma: “Aveva già dato chiari segnali”

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Sono andati a prenderlo a casa i Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Messina. Si trova in carcere, a Gazzi, il professore 35enne Giulio Chiofalo, messinese che fino ad un paio di settimane fa insegnava Inglese all’Istituto “A. M. Jaci” e adesso deve rispondere degli incontri sessuali che ha avuto con alcuni suoi alunni minorenni.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata siglata dalla gip Tiziana Leanza, su richiesta del sostituto procuratore Roberto Conte.
L’indagine dei Carabinieri, coordinata dalla Procura della Repubblica di Messina, era stata avviata nello scorso mese di ottobre, dopo la denuncia della madre di un allievo minorenne del professore, presso il menzionato istituto superiore.
Dalle indagini condotte dai militari dell’Arma sotto la direzione del Pubblico Ministero, è emerso che l’insegnante, dal gennaio di quest’anno, avrebbe commesso atti sessuali con il giovane, in cambio di denaro e regali.
In particolare, il docente avrebbe inizialmente richiesto al ragazzo delle foto e dei video che lo ritraevano e, successivamente, lo avrebbe indotto a subire atti sessuali, dietro il corrispettivo anche di costosi regali, tra cui due scooter, due telefoni cellulari e una playstation. Sulla base degli elementi raccolti, a seguito dei gravi indizi di colpevolezza emersi, il GIP del Tribunale di Messina, valutata la richiesta avanzata dal Pubblico Ministero, ha emesso il provvedimento cautelare che i Carabinieri hanno eseguito nei confronti del professore 35enne che, ultimate le formalità di rito, è stato ristretto presso la Casa Circondariale di Messina Gazzi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
Ne parla con MessinaToday la mamma di uno studente dell’Archimede che oggi si interroga su quanto sarebbe stato opportuno fare per evitare che si reiterasse un modus operandi apparso subito come malato.
“E’ passato ormai più di un anno – spiega – il docente arrestato lavorava già in un altro istituto, quando ha ricontattato un gruppetto degli suoi ex studenti dell’Archimede e ad uno, in particolare, ha mandato messaggi scabrosi, espliciti, a sfondo sessuale. Il ragazzino, turbato, lo ha raccontato ai compagni mostrando le chat e tutti insieme lo hanno poi confidato a un professore per chiedere aiuto e consiglio. Una manifestazione di disagio che è stata subito raccolta dal docente che ne ha messo a conoscenza la dirigente e ha parlato anche con la rappresentante di classe. Ne sono nate una serie di riunioni ma nessuno ha presentato una denuncia formale contro il professore in quell’occasione. Anche le richieste di avviare dei percorsi con professionisti che potessero aiutare i giovani ad affrontare il problema e a rimarginare le cicatrici profonde che questa storia lascia appiccicate addosso sono cadute nel vuoto”.
Le testimonianze e le chat in questione, sono ora anche all’attenzione dei militari che indagano sulla vicenda. Racconti lucidi, circostanziati e coraggiosi, superando finalmente quelle resistenze sociali per cui riesce persino difficile a volte credere alla gravità di quello che sta realmente accadendo.
“Una grande lezione è arrivata invece dai ragazzi stessi – continua la mamma – Mentre noi adulti cercavano di capire il da farsi o qualcuno forse semplicemente come lavarsene le mani, loro si sono dati da fare da soli contattando gli alunni degli anni precedenti, scoprendo così quello che sembra essere un comportamento seriale del professore arrestato. Hanno poi messo in guardia i compagni delle classi successive mostrando ancora una volta di essere più in gamba degli adulti che avrebbero potuto dare ben altri esempi. Resta il rammarico di non averli saputi aiutare fino in fondo”.