Inizierà sabato 8 luglio il festival Internazionale di musica, prosa e danza Taormina Arte. Ad inaugurare la stagione, sarà il Trittico Pucciniano, una co-produzione Taormina Arte e Opéra-théâtre de Metz, in collaborazione con la Fondazione Luciano Pavarotti. L’opera debutterà in prima italiana sul palco del Teatro Antico di Taormina (con replica il 13 luglio) con la Taormina Arte Festival Orchestra diretta dal M.o Beatrice Venezi ed il coro lirico “Francesco Cilea” diretto dal M.° Claudio Bagnato. Nel cast grandi stelle della lirica quali Marcelo Àlvarez, Massimo Cavalletti, Marco Ciaponi, Francesca Tiburzi ed Annunziata Vestri, che si esibiranno insieme a giovani talenti selezionati dalla Fondazione Pavarotti.
La regia del Trittico è firmata da Paul-Emile Fourny, che ha così spiegato il suo concetto di messa in scena dei tre atti unici, differenti universi che coabitano nella stessa creazione: “Ho avuto l’occasione di lavorare su diversi titoli pucciniani (Manon Lescaut, Tosca, etc) prima di avvicinarmi al Trittico. Si tratta dunque di un mondo che conosco bene. Quando compose il suo Trittico, Puccini era al culmine della sua arte e dunque poteva esporre tutte le sfaccettature di un compositore geniale, capace di esprimere la tenerezza, l’umorismo ed il misticismo. Il Tabarro è verismo totale in questa storia drammatica dipinta musicalmente, Suor Angelica è vicina al misticismo sia nel libretto che nella musica, allorché Gianni Schicchi è una tipica commedia all’italiana con una musica a colpi di scena. Credo che ci fosse bisogno di un compositore davvero giunto alla maturità artistica per poter mostrare musicalmente queste tre sfaccettature. Si tratta di un esercizio stilistico simile a quello dei trailer cinematografici dove bisogna far passare un concentrato artistico in un tempo molto ridotto, considerando che ciascuna opera dura meno di un’ora.
Ho considerato quindi il Trittico secondo un unico concetto ed ho voluto una messinscena estremamente simbolica, condividendo per i tre titoli una stessa scenografia: una pedana circondata d’acqua. Per me, in effetti, il collegamento tra le tre opere è proprio l’acqua: l’acqua della Senna nel Tabarro, nella quale morirà Luigi, l’acqua fonte di vita, ma anche di morte per Suor Angelica (è la stessa acqua che diventerà veleno). Per il Gianni Schicchi, una storia di furbizia con una famiglia alquanto inquietante, ho deciso di ambientarla non più in una bella dimora fiorentina, ma nello scantinato di un rigattiere accessibile attraverso le fognature. Ed ecco l’acqua sporca: oserei dire che i personaggi laveranno in famiglia i loro panni sporchi.
Penso infine che sia proprio questo forte simbolismo a contraddistinguere la firma pucciniana, sempre molto presente. Un esempio è Suor Angelica: per preparare il suo veleno, Angelica coglie fiori ed erbacce che mescola insieme in una pentola. Niente di tutto questo nella mia regia. Ispirato da questa musica magnifica, ho optato per un percorso di flashback della sua vita dove ritroverà, come in un sogno, i suoi genitori, l’amante che l’ha resa incinta, infine il bambino che è diventato un angelo che cammina sulle acque e pone il veleno ai suoi piedi. Ecco un esempio di quello che è lo stile dell’utilizzo della musica nelle mie regie. Poi, mi è anche capitato di mettere in scena delle opere con tanto di umorismo come per esempio il Ratto dal Serraglio: è quello che ritroveremo anche in Gianni Schicchi: lì ci sarà un vero delirio!”