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L’agenda Draghi in eredità a Meloni. Tutti i dossier bollenti

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Il nuovo Governo Meloni è atteso alla prova, mai cosi difficile dal dopoguerra tra crisi energetica, inflazione, pandemia e cambiamenti climatici. Mai come in questa occasione sarà un Gabinetto il cui focus di azione principale sarà concentrato sui temi economici alla luce di una congiuntura durissima aggravata dalla guerra in Ucraina.

Si è molto parlato in questi mesi della cosiddetta agenda Draghi, faro di riferimento per far quadrare i conti e governare con ordine la cosa pubblica. Giorgia Meloni facendo di necessità virtù ripartirà proprio dalle linee direttrici del precedente Governo per impostare la sua azione, adattandola, aggiustandola, tenendo presente dell’evoluzione del quadro congiunturale. Vediamo in sintesi come e dove si muoverà su questo terreno, reso insidioso da una serie molteplice di impegni, appuntamenti, scadenze.

Il raccordo con le istituzioni europee sarà decisivo. Si tratta di concordare con Bruxelles quali saranno gli strumenti per contenere l’impennata dei costi dell’energia su famiglie e imprese. Il Governo Draghi poteva contare sull’extragettito fiscale prodotto dalla crescita economica, adesso si tratta di trovare nuove risorse.

Si dovrà insomma concordare con la UE un percorso per determinare il nuovo obiettivo di disavanzo 2023, tenendo contro che bisognerà comunque rispettare la scadenza di fine novembre. E si dovrà agire anche in casa, senza aspettarsi grandi aiuti dall’Europa che litiga e tergiversa sul tetto al prezzo del gas.

Stanno arrivando bollette monstre, esplodono i conguagli condominiali, la corsa dei prezzi si sta facendo via via più irrefrenabile, aumenta la povertà, le famiglie sono attanagliate dalla nuova tassa che si chiama inflazione.

Ecco allora che chi prometteva forti cambiamenti rispetto ai predecessori dovrà, andando al Governo, rifletterci bene. Misure di sostegno come il reddito di cittadinanza, pur rivedibili, sarà duro tagliarle in questa situazione. Ne serviranno forse di nuove per affrontare un inverno tosto. Come finanziarle sarà il vero nodo da sciogliere. In tema di energia rimane centrale quello della cosiddetta transizione.

Il ministro Roberto Cingolani ha più volte sottolineato l’impossibilità di fare miracoli. Dipendiamo ancora, seppure in misura minore, dal gas russo, ma lo dobbiamo comunque comprare da altri, a cominciare dall’Algeria.

Le rinnovabili coprono il 37% del fabbisogno, e i tempi per aumentare questo target non sono brevi, dovendo comunque essere rispettati sacrosanti vincoli ambientali, paesaggistici, di difesa del suolo agricolo.

Per il nucleare, troppo presto abbandonato, qualora ripartisse ci vogliono almeno 10 anni. Ecco allora che il Governo Meloni dovrà necessariamente puntare su quello che viene definito realismo energetico, insomma un mix di fonti che tenga a galla il Paese con le sue imprese e famiglie almeno in questa fase.

Non ci siamo dimenticati del fatidico PNRR. Giustamente Mario Draghi, proprio rispondendo a Giorgia Meloni, ha rivendicato nei giorni scorsi il rispetto delle scadenze previste da parte del suo Governo. Si tratta adesso però di passare dagli impegni assunti, basati sulla programmazione-individuazione-pianificazione delle opere, delle riforme da compiere, alla fase della loro realizzazione e messa a terra.

Non sarà opera semplice anche perché cresce il dibattito attorno alla priorità degli interventi, di fronte al fatto che forse la crisi energetica e la recessione alle porte impongono un diverso timing sulle scelte da compiere. Il lavoro, il fisco, le pensioni. Fronti che fanno tremare i polsi a chi deve governare in questa fase.

La pandemia e la crisi energetica hanno impoverito ancor più il Paese. Le classi sociali più deboli sono ancora più deboli. Il ceto medio è di fatto in via di estinzione. Stipendi bassi, taglio delle prestazioni sociali, siamo in coda alle classifiche europee. E i dati non sono incoraggianti.

Ad inizio agosto erano aperti presso il Ministero dello sviluppo economico (guidato da Giancarlo Giorgetti destinato all’Economia) ben 75 tavoli di crisi con quasi 100 mila lavoratori coinvolti.

E poi ci sono situazioni croniche che incidono fortemente sulle tasche dello Stato e dei cittadini, e sull’efficienza di una economia moderna. In Ita, già Alitalia, si litiga sulle deleghe di comando, mentre non si sa come finirà la sua privatizzazione, dopo decenni di sperpero di risorse pubbliche.

Il Monte dei Paschi di Siena, unica grande banca di Stato, è alle prese con una difficilissima ricapitalizzazione, prima di decidere cosa farne. Cassa depositi e prestiti e Tim rimandano ancora la realizzazione della cosiddetta rete unica con il coinvolgimento di Open Fiber. Sono decisioni complicate da assumere per il Governo Meloni che toccano anche interessi consolidati.

Cavallo di battaglia della campagna elettorale, il tema fiscale dovrà essere affrontato con un sano realismo. Le risorse scarseggiano, la flat tax, il taglio delle aliquote non sembrano urgenze in una così difficile congiuntura. Ma certo non si potranno dimenticare in toto le promesse.

Così come si dovrà dare una risposta certa rispetto al prolungamento o al taglio di misure agevolative che hanno caratterizzato il precedente esecutivo, come il discusso ma in parte utile 110% per le ristrutturazioni edilizie.

Dulcis in fondo, per modo di dire, un altro tema che tocca le famiglie, quello delle pensioni. Ha dominato l’ultima parte della campagna elettorale in modo scoppiettante. Quota 41, tutti a casa con quel numero di anni lavorati, opzione uomo, in pensione a 58 anni, ma con un taglio del 30% della prestazione. Sono realizzabili questi interventi con questi chiari di luna?