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Tassi più alti, i mutui saranno più costosi: ecco cosa cambia per i risparmiatori e le imprese

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Il rialzo record dei tassi deciso dalla Bce ha delle conseguenze immediate, altre a medio termine ed altre difficilmente prevedibili.
Nell’immediato ci sono, ad esempio, la reazione dei mercati e gli effetti sull’euro (che si apprezza) e sui rendimenti dei titoli di Stato (che salgono) destinati a influenzare gli investitori e ad aumentare l’esborso sul fronte dei conti pubblici: 100 punti di differenziale si trasformano in una maggiore spesa per interessi sui titoli di Stato di 19 miliardi in tre anni.
È invece nel medio termine che si valutano gli effetti economici dei tassi più alti, perché la politica monetaria impiega fino a 18 mesi per dispiegare il suo impatto. Imprevedibile è poi il funzionamento della catena di trasmissione delle decisioni di Francoforte: le banche, ad esempio, potrebbero decidere di non toccare i tassi commerciali, riducendo i loro margini di profitto.
Con i mutui più cari, la ripresa del settore immobiliare rischia una battuta d’arresto. È una delle conseguenze più immediate per i cittadini: il tasso dei nuovi prestiti è destinato a salire, scoraggiando i nuovi acquisti di case e deprimendo il mercato degli immobili. Il portale Facile.it fa un calcolo dell’aumento prendendo in considerazione un mutuo da 126 mila euro a 25 anni, stipulato a gennaio 2022, con un loan-to-value (valore del finanziamento rispetto all’immobile in garanzia) del 70% e un tasso iniziale nominale (Tan) dello 0,67%. Con un aumento di 75 punti base la rata – che a inizio anno era di 456 euro, saliti a 515 dopo l’aumento dei tassi di luglio – aumenterebbe a 560 euro. Se i tassi salissero invece di 50 punti, l’aumento sarebbe invece di 30 euro con una rata che si fermerebbe a 545 euro.
In un clima sempre più incerto, e con il costo del denaro sempre più alto, le imprese ridurranno la richiesta di finanziamenti. Il che significa meno investimenti, meno innovazione, meno crescita. Con enormi conseguenze per il mercato del lavoro destinato a contrarsi. Ma il rallentamento del Pil è un male necessario per fare scendere la domanda e quindi i prezzi.
La tendenza era già in atto a causa dell’inflazione elevata che scoraggia i consumi, ma ora i tassi d’interesse delle banche che torneranno a crescere porteranno i cittadini a lasciare i loro risparmi depositati per guadagnare qualcosa. Quanto, è difficile da immaginare, ma sarà certamente subito percepibile venendo da anni di interessi zero.
È uno degli effetti – da manuale, quindi al netto del contesto economico alterato – più auspicati, visto che la moneta unica è scesa al livello più basso da vent’anni sotto il dollaro. Tassi più alti portano a un maggiore flusso di denaro nelle banche europee, rafforzando la moneta. L’export costerà di più, l’import di meno, facendo salire la «domanda aggregata», ovvero la quantità di spese effettuate (dal pubblico e dai privati) per l’acquisto di beni nazionali.
Non è un effetto diretto, ma l’aumento del tasso di sconto fa salire anche il valore, il rendimento, che lo Stato deve riconoscere ai sottoscrittori di Bot, Btp, Cct. Sono i titoli di Stato con i quali si finanzia il debito pubblico. I rendimenti già si sono adeguati, non solo nelle aste. A fine agosto i Btp quinquennali sono stati collocati al 3,09%, con un aumento di 28 punti sull’asta precedente. Sul mercato secondario, invece, il Btp decennale ha superato nei giorni scorsi anche la soglia del 4%. Ora si attesta su questo livello mentre solo ad inizio agosto viaggiava sul 3%. Quanto costa alle casse dello Stato? Le ultime stime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), cioè dell’authority italiana dei conti pubblici, hanno valutato che un aumento stabile del differenziale di 100 punti aumenta la spesa pubblica di 19 miliardi in tre anni: 2,5 miliardi nel 2023, 6,7 miliardi nel 2024, 10,1 miliardi nel 2025.