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Nei guai gli imprenditori santateresini Saglimbeni: tutte le accuse

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Sono pesantissime le accuse di cui è chiamata a rispondere la famiglia imprenditoriale Saglimbeni di Santa Teresa di Riva, operante in vari settori, dalle auto al calcio con la Jonica che milita in Eccellenza, tra cui quello alimentare con la società “Top Market Srl”, che gestisce un supermercato affiliato “Decò” all’interno del centro commerciale “Sceva shop” in via Torrente Portosalvo. Giovedì mattina sono finiti agli arresti domiciliari il “patron” Carmelo Saglimbeni, 74 anni, il fratello Domenico Saglimbene di 70, Provvidenza Saglimbeni di 49 anni e Carmen Saglimbeni di 43, figlie di Carmelo, mentre una quinta persona, il consulente del lavoro Salvatore Bucalo, 58 anni, è indagata a piede libero e la richiesta di obbligo di firma non è stata accolta. I quattro arrestati compariranno lunedì mattina al Tribunale di Messina, davanti al Gip Tiziana Leanza, per gli interrogatori di garanzia. A difenderli gli avvocati Massimo Principato e Antonio Scarcella. Tutti e cinque sono accusati di associazione a delinquere per essersi associati tra loro allo scopo di commettere le estorsioni ai danni dei dipendenti del supermercato. Secondo la Procura della Repubblica di Messina Domenico Saglimbene, in qualità di rappresentante legale e socio al 50% della “Top Market”, “rivestiva il ruolo di capo e promotore della consorteria criminale. In particolare, si occupava, in via quasi esclusiva, del reclutamento della manovalanza, prospettando condizioni lavorative sfavorevoli e chiedeva esplicitamente la restituzione di una parte della retribuzione formalmente corrisposta”. La nipote Provvidenza, socia al 50%, “si occupava di esigere la restituzione e riscuotere mensilmente parte delle competenze corrisposte formalmente a titolo di salario ai dipendenti, perpetrando la condotta estorsiva, nonché di tenere la contabilità delle restituzioni per ogni singolo lavoratore”; la sorella Carmen, socia al 50% insieme alla sorella, “collaborava nel reclutamento della manovalanza da sfruttare, verificava l’avvenuta restituzione da parte dei dipendenti degli importi richiesti, provvedeva insieme a Provvidenza Saglimbeni a tenere la contabilità delle restituzioni dei dipendenti fornendo un contributo causale alla realizzazione delle condotte estorsive”. Carmelo Saglimbeni è stato arrestato in quanto “conoscendo le dinamiche di gestione del personale, provvedeva attivamente a tacitare ogni richiesta dei lavoratori minacciandoli di licenziarli, perpetrando la condotta estorsiva”, mentre secondo l’accusa Bucalo, in qualità di consulente del lavoro della società Top Market, “elaborava le buste paga dei dipendenti secondo le direttive dei Saglimbeni e, nel curare i rapporti con i dipendenti, li esortava ad accettare le condizioni di lavoro imposte dietro minaccia di licenziamento, perpetrando la condotta estorsiva”. I fatti contestati sarebbeto stati commessi sin dal gennaio 2017.
L’estorsione viene contestata perchè “in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso commesse anche in tempi diversi, mediante minaccia, costringevano i dipendenti della Top Market Srl ad accettare la corresponsione di condizioni di lavoro sfavorevoli e a restituire una parte della retribuzione corrisposta mensilmente, procurandosi un ingiusto profitto. In particolare, gli indagati, agendo sotto forma di sodalizio criminoso – scrive la Procura – per un verso costringevano i dipendenti a prestare attività lavorativa per un quantitativo di ore superiori rispetto a quelle previste nei rispettivi contratti di lavoro e, per altro verso, corrispondevano loro il salario formalmente dovuto in base al Ccnl mediante flussi tracciabili e chiedevano, poi, la restituzione in contanti di una parte delle competenze, ponendoli davanti all’alternativa tra l’accettare la corresponsione di una retribuzione inferiore rispetto a quella risultante dalla busta paga o rifiutarla ed essere licenziati”. Reatro aggravato dall’aver “cagionato alle persone offese un danno patrimoniale di rilevante gravità consistito nella sottrazione di una considerevole parte del loro sostentamento” e “dall’essere stato commesso con abuso di autorità”. Domenico Saglimbene e la nipote Carmen Saglimbeni sono accusati anche del reato di autoriciclaggio “perché avendo commesso il delitto di estorsione ai danni dei dipendenti della società Top Market Srl, in concorso tra loro reimpiegavano in attività economiche e commerciali il denaro proveniente dalla commissione del suddetto delitto, in modo da ostacolarne concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa, In particolare, Domenico Saglimbeni stipulava un contratto di compravendita di un terreno agricolo e contestualmente lo donava a Carmen Saglimbeni, pagando il corrispettivo di 67mila 500 euro mediante l’illecito profitto conseguito con le condotte estorsive”.
La nota del Gruppo Decò. “Abbiamo avuto conoscenza delle notizie di stampa relative all’esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Messina ed eseguito dalla Guardia di Finanza di Taormina nei confronti di alcuni esponenti di Top Market Srl – si legge in una nota stampa – al riguardo il Gruppo Decò precisa di essere soggetto del tutto distinto dalla società Top Market Srl e pertanto afferma la propria totale estraneità ai fatti in contestazione. Precisa, infine, che sta valutando l’opportunità di adottare eventuali iniziative in merito”.