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L’autismo ai tempi del Covid-19, la testimonianza di Luca

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Non è esattamente un buon periodo per tutti noi, la diffusione del Coronavirus prima in Italia e poi nel resto del mondo, sta mettendo a dura prova ognuno. Tuttavia c’è anche chi oltre all’emergenza è chiamato ogni giorno ad affrontare situazioni estremamente complesse, in particolare, le persone autistiche. Così anche la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo che si celebra oggi, 2 aprile, assume ai tempi della pandemia da Covid-19 un valore differente.

Luca Costantino è il papà di Tommaso e questa mattina ha affidato a Facebook la sua amara riflessione di padre di un bimbo autistico chiamato ad affrontare un’emergenza nell’emergenza. Di seguito le sue parole:

“Ogni giorno a casa mia è 2 Aprile. In tanti oggi si sciacqueranno la bocca con la parola AUTISMO, mi incazzerà leggere post e ascoltare discussioni di solidarietà, soprattutto se a farlo sarà qualcuno della nostra classe politica; niente palloncini e luci blu non lo fate, perché non lo sentite.

Abbiamo chiuso tutto, dobbiamo stare a casa, dobbiamo rispettare le regole: ok, giusto, noi siamo stati da subito obbedienti, abbiamo fatto il nostro dovere. Ma Tommaso purtroppo non capisce, benché noi gli diciamo: “Tommy, fuori c’è un emergenza seria, non si può uscire, non si può fare nulla di quello che stavi facendo prima del 6 Marzo” – lui non lo capirà e reclama i suoi diritti. Allora iniziamo le notti bianche, sveglia alle 2 senza più dormire, pipi addosso, gesti incontrollati e ti trovi a raccogliere piatti, bicchieri e giochi spaccati a terra senza un perché.

Lo sguardo perso di noi genitori che ci impaurisce e ci dispera consapevoli che stiamo vanificando tutti i sacrifici, le disperazioni, i pianti e le piccole gioie e il tempo dedicato a terapie e scuola e al grandissimo lavoro che sta facendo la sua maestra Gina; capiamo, ma non ce lo diciamo, che è tutto da rifare.

E lì inizi a pensare: “come potrò riportare mio figlio ad essere come prima?”

La paura per la salute, la paura per il futuro, la paura per l’economia della mia famiglia, passa tutto in secondo piano. Oggi c’è mio figlio che con il suo sguardo mi dice tutti i giorni: “Papà cosa cazzo c’è che non va, perché non faccio più le cose di prima?”

E noi non possiamo spiegarglielo, non possiamo dirgli che non si esce, che non possiamo andare a scuola, a terapia, che nessuno busserà alla porta per dargli aiuto, perché lui non lo capirà.

Cerchi di accontentarlo una volta su dieci, quando ti porge il giubbotto e ti accompagna verso la porta per uscire.

E allora nei momenti di disperazione, mi ritrovo a fare il latitante in giro per le montagne a non farmi beccare dalle forze dell’ordine per non farmi denunciare, a dargli un po’ di aiuto girovagando consumando sentieri sperduti che lo fanno sorridere e gli danno serenità e l’unico diritto che in questo momento posso riconoscergli.

E poi grazie ai nonni che si stanno sforzando ad improvvisarsi terapisti, insegnanti e genitori sforzandosi a far passare queste interminabili giornate.

Come posso sentire che il nostro è un paese inclusivo, che c’è tanta solidarietà verso i disabili, se poi con decreti millantati come trofei anche un imprenditore che da lavoro a centinaia di famiglie, che ha versato chissà quante migliaia di euro di tasse, viene sostenuto in questo momento con “ben” 600 euro di bonus emergenza. Allora ti rendi conto che è ovvio che per le casse dello Stato questi esseri umani “diversi” sono un peso con una misera indennità mensile per disabili, è ovvio che in questa emergenza nessuno li ha pensati, sono troppo impegnati a dimenticare artigiani, commercianti, imprenditori e famiglie intere, impegnati ad emettere decreti incomprensibili perché da un palazzo d’oro la realtà non si vede, non hanno idea di cosa c’è fuori. D’altronde l’ho sempre detto che “ci vogliono i padri per fare i figli”.

La tanto acclamata didattica a distanza per i “normali” sta mettendo una pezza alla chiusura delle scuole, e i disabili? Spero solo di poter ritornare a cercare di dare una vita autonoma a mio figlio. Non so quanto resisteremo ancora, siamo cosi impauriti, impotenti e abbandonati…. Questo momento mi sta dando uno stimolo in più per concretizzare un progetto che ho in mente già da qualche anno, presto mi attiverò.”