Home Attualita' Capodogli spiaggiati, lo studio delle cause

Capodogli spiaggiati, lo studio delle cause

629

Il ritrovamento di diverse carcasse di capodogli avvenuto nello scorso maggio, spiaggiate lungo il litorale tirrenico, ha molto colpito non solo gli amanti degli animali e dell’ambiente marino, ma tutta la comunità; in totale, si è trattato di tre spiaggiamenti e di due avvistamenti in mare aperto: la prima carcassa è stata rintracciata dai collaboratori del Museo della Fauna dell’Università di Messina sul litorale di Cefalù, il 17 maggio: il capodoglio spiaggiato aveva circa 6 anni e presentava una quantità notevole di plastica nello stomaco. Successivamente, il 21 maggio, sono stati registrati altri due casi: uno nel palermitano, dove un maschio della lunghezza di ben 8 metri e mezzo è stato trovato con oggetti di plastica nello stomaco, ed un altro maschio di 5 metri e mezzo a Gioiosa Marea; in quest’ultimo caso lo stomaco del capodoglio è risultato vuoto. Relativamente agli avvistamenti, questi sono avvenuti al largo di Stromboli e di Favignana, anche se di essi non vi è stata un’ufficiale conferma. Inoltre, un altro esemplare, in evidente stato di decomposizione, è stato ritrovato lungo le coste toscane del grossetano, sempre nello stesso periodo.
Come comunicato dall’Università di Messina, le cause di quanto descritto non sono ancora ben chiare; un ruolo fondamentale, in tal senso, viene svolto dall’equipe di studiosi del Museo della Fauna dell’Università di Messina. Infatti, il gruppo di ricercatori composto dal Prof. Filippo Spadola, Direttore del Museo e dal Conservatore della Sezione faune marine, Dott. Mauro Cavallaro, che hanno coordinato il lavoro, eseguito dal Dottor Carmelo Isgrò, componente del CTS del Museo e dagli studenti di veterinaria Jessica D’Amore, Marco Aiello, Marco Zangari ed Enrico Parenzo, è intervenuto sul posto per raccogliere ed analizzare i reperti. Attività indispensabile sia per l’identificazione della causa di questo fenomeno che per la successiva musealizzazione degli scheletri degli esemplari spiaggiati. Assieme ai tecnici del Museo della Fauna hanno collaborato gli enti locali, mettendo a disposizione uomini e mezzi per la rimozione delle carcasse e per il loro smaltimento, i veterinari dell’Istituto Zooprofilattico della Sicilia di Palermo e nel primo caso è intervenuta una equipe del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università degli Studi di Padova che si è occupata di approfondire alcuni studi di carattere sanitario e genetico.
Il fenomeno di ritrovamenti di capodogli privi di vita non è nuovo, soprattutto negli ultimi anni: infatti, nell’ultimo decennio, sono stati segnalati 51 esemplari di capodogli spiaggiati: 19 di questi sono stati analizzati e, in 17 casi, sono stati individuati frammenti di plastica ingerita; in 2 casi, invece, sono state trovate reti da pesca attorcigliate agli animali.

Benito Bisagni