Aveva accettato la paternità e riconosciuto la figlia dandole il suo cognome, ma poi per i successivi 40 anni è stato un padre “assente” -come lui stesso si è definito – dal punto di vista economico e morale per sua figlia. Per questo la Corte di Cassazione ha stabilito che l’uomo, un siciliano di 72 anni, dovrà risarcire la figlia con quasi 67mila euro per danni morali e patrimoniali. Lui contava che il “grosso” lo avrebbe fatto la mamma, con la quale la ragazza viveva, ma non si è fatto carico nemmeno dei malesseri comportamentali della ragazza, che ha deciso persino di abbandonare gli studi. Adesso la Cassazione ha confermato la sentenza emessa della Corte di Appello di Messina nel 2017 e il padre “assente” sarà costretto a pagare.
L’uomo tuttavia, secondo quanto ha spiegato la Suprema Corte, non è “accusato” di “avere negato alla figlia il sostegno economico da lei richiesto al fine di proseguire gli studi universitari ma, in linea più generale, di non avere correttamente adempiuto ai propri obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della stessa”. “Il che – spiega il verdetto 14382 – ha determinato difficoltà di vario genere nella serenità personale della ragazza e, complessivamente, nello sviluppo della sua personalità, tra le cui ulteriori conseguenze vi è stato anche quello della sua scelta di una anticipata interruzione degli studi”. Secondo i giudici, dal “disagio” morale e materiale vissuto dalla ragazza nel tempo, “sono derivate una serie di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, di carattere patrimoniale e non, tra cui la scelta di interrompere anzitempo gli studi”. Cosa che le ha “certamente precluso delle possibilità di realizzazione professionale, con rilievo anche economico”. Il calcolo del “risarcimento” è stato fatto in via equitativa dagli stessi magistrati, non essendo possibile dimostrarne la precisa entità.