“Antropolaroid”, il successo di Tindaro Granata

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L’attore pattese Tindaro Granata è stato protagonista, presso l’Auditorium di Gioiosa Marea, del brillante e fortunato spettacolo “Antropolaroid”, da lui interamente scritto ed interpretato. Brillante, perché il racconto delle storie della famiglia dell’attore, fonti di ispirazione dell’opera, è arricchito dal coinvolgimento del pubblico e dalla personale intensità dell’interprete; fortunato perché, ormai da otto anni, “Antropolaroid” suscita ampi consensi da Nord a Sud ed è giunto a quasi trecento repliche.
Si tratta di un viaggio nel tempo, alla scoperta di memorie, episodi, radici di una famiglia siciliana che, grazie all’intuizione artistica di Tindaro Granata, è “migrata” dalla realtà al teatro – ammesso che, tra questi due mondi, vi sia una profonda ed effettiva differenza. La rappresentazione è stata voluta e curata dall’Associazione teatrale pattese “Il Sipario”, da anni attivamente impegnata nel campo culturale e teatrale.
Come già in occasione de “L’alba a Tindari” dell’estate scorsa, abbiamo rivolto alcune domande all’attore il quale, tra le altre cose, ha rivendicato la propria identità siciliana, pur essendo la sua carriera nata e cresciuta prevalentemente lontano dall’Isola.

Tindaro, parliamo del tuo “Antropolaroid”.
E’ il primo spettacolo che ho scritto, oramai quasi dieci anni fa e da circa otto anni lo porto in giro per l’Italia. E’ la storia di una famiglia siciliana, più precisamente pattese, che va dal 1925 al 1999, frutto dei racconti che mio nonno mi faceva quando ero piccolino; riguardano la mia famiglia, ma appartengono ad un intero paese ed il pensiero che la storia di un pattese abbia girato così tanto l’Italia mi rende felice. Siamo quasi già a 300 repliche ed è singolare che ne abbia fatte più nel Veneto che in Sicilia.

Il pubblico del Sud e del Nord, visto lo “sfondo siciliano” dello spettacolo, hanno un diverso approccio?
In entrambi i casi c’è una grande partecipazione, perché “Antropolaroid” entra in empatia con il pubblico, cerca di aprire i cassetti chiusi dentro di noi, cioè quelli dei ricordi. Non tutti diventeremo genitori, ma certamente tutti siamo figli e nipoti e conserviamo ricordi e racconti: “Antropolaroid” è proprio questo.

L’ispirazione per la scrittura del testo è stata istantanea o “Antropolaroid” è stato costruito nel tempo?
Tutta la prima metà dello spettacolo, ovvero dalla rappresentazione del mio bisnonno fino al matrimonio dei miei nonni (si tratta, quindi, di quarant’anni di storia), l’ho scritta in una sera. Dovevo partecipare ad un incontro con registi ed attori e lo scopo era di parlare di sé e delle proprie origini e memorie. La mia memoria partiva proprio dai racconti di mio nonno: era un venerdì sera e lo scrissi paru paru paru. L’ho provato il giorno successivo ed il lunedì l’ho proposto nel corso di quest’incontro. La seconda parte l’ho scritta in una decina di giorni, sulla spinta di coloro i quali lo avevano apprezzato ed avevano capito che poteva diventare uno spettacolo.

Quali progetti per il futuro?
Quest’anno girerò moltissimo e tornerò in Sicilia ad aprile, anche con “Antropolaroid”, al Teatro Biondo di Palermo. Toccherò altre città del Sud, tra cui Napoli. Invece, da gennaio ad aprile, sarò impegnato ne “La bisbetica domata” di Shakespeare, in cui interpreterò proprio la bisbetica: questa tournée meravigliosa mi porterà in cinquanta diverse città nell’arco di due mesi. Ancora, ho scritto un testo per il teatro Elfo Puccini di Milano, “Dedalo ed Icaro”, per la compagnia “Eco di Fondo” e la regia di Giacomo Ferraù e Francesco Frongia, che andrà in scena il prossimo 15 gennaio. Partendo dal mito, quest’ultimo è stato trasposto nella nostra realtà; si tratta di un papà con un figlio autistico al quale costruisce delle ali di cera per il “dopo di noi” (anche in considerazione della legge emanata nel 2016). Il padre cerca di insegnare al figlio a vivere senza di lui.

Cosa trovi quando torni in Sicilia, nella tua terra?
Io sento un grande amore per la mia terra e per Patti. Mi sento pattese e siciliano ed anche un portabandiera di questi luoghi. Vengo conosciuto come “il siciliano”, “il ragazzo di Tindari”. Tutti mi chiedono il perché del mio nome, poiché a Nord è inesistente, incomprensibile. Quando devo effettuare prenotazioni con il mio nome, scambiano Tindaro per il cognome ed io rispondo “scusi, ma secondo lei posso mai chiamarmi Granata di nome?”.
Lo stesso “Antropolaroid” è un manifesto dell’amore che provo per la mia terra, a cominciare dal dialetto utilizzato, che è quello pattese. Dall’altro lato, devo constatare con amarezza l’inadeguatezza, anche dei rappresentanti politici, nel conservare e sostenere le cose belle, i talenti e le risorse che abbiamo. Io stesso ho avuto la possibilità di esibirmi a Patti solo una volta, nel lontano 2011, non volendo alcun compenso e dicendo di essere io a voler venire. Questa inadeguatezza è la parte più negativa, a mio parere. Dunque, qui trovo due aspetti: da un lato, una mentalità in cui non mi ritrovo e luoghi stupendi trascurati; dall’altro lato, ci sono tante persone che amano l’arte, la cultura ed hanno una certa sensibilità che si associano. E’ il caso dell’Associazione “Il Sipario”, che mi ha voluto proprio nel mio paese. Lo trovo bellissimo e rappresenta la volontà di molti di sostenere l’arte e la cultura. Ma è anche, purtroppo, lo specchio di una politica che, in questo campo, è pressoché inesistente.