CATANIA – Dopo una progressiva intensificazione nella serata del 2 dicembre 2015, l’attività eruttiva all’interno del cratere Voragine (spesso chiamato anche “Centrale”) dell’Etna è culminata nelle prime ore del 3 dicembre in un parossismo breve ma molto violento, con alte fontane di lava e una colonna eruttiva alta diversi chilometri. Le ottime condizioni meterologiche hanno permesso di osservare l’evento con la rete di telecamere visive e termiche di sorveglianza dell’INGV-Osservatorio Etneo, nonché da numerose località intorno al vulcano.
L’acme del parossismo è avvenuto fra le ore 01:20 e 02:10 circa, quando una sostenuta fontana di lava ha raggiunto altezze di ben oltre 1 km; alcuni getti di materiale incandescente hanno raggiunto l’altezza di 3 km sopra la cima del vulcano. La nube di materiale piroclastico è stata spostata dal vento verso nordest, causando ricadute di cenere su abitati come Linguaglossa, Francavilla di Sicilia, Milazzo, Messina e Reggio Calabria. All’alba l’attività eruttiva era sostanzialmente cessata, anche se alcune deboli emissioni di cenere sono avvenute ancora sia dalla Voragine sia dal Cratere di Nord-Est e dal piccolo cratere a pozzo apertosi recentemente sull’alto fianco del Nuovo Cratere di Sud-Est.
L’evento parossistico di questa notte si colloca fra quelli più violenti dell’Etna dell’ultimo ventennio; la stessa Voragine è stata luogo di due parossismi particolarmente intensi, il 22 luglio 1998 e il 4 settembre 1999, con caratteristiche simili a quelle del parossismo del 3 dicembre 2015. Ambedue hanno prodotto fontane di lava, che nel caso del 4 settembre 1999 hanno superato 2000 m in altezza, e colonne eruttive (quella del 22 luglio 1998 ha raggiunto un’altezza di 12 km sopra il livello del mare) con abbondanta ricaduta di materiale piroclastico, nel settore meridionale del vulcano nel primo caso, e orientale nel secondo. Anche in passato, la Voragine si è distinta per la sua capacità di produrre episodi parossistici eccezionalmente violenti, come a febbraio 1947, luglio-agosto 1960 e agosto 1989.
L’eruzione dalla telecamera “EMOH” dell’INGV-Osservatorio Etneo, ad alta sensibilità, posta sulla Montagnola a 2640 m sul versante sud etneo.
Nelle ultime settimane era continuata senza variazioni di rilievo l’attività stromboliana all’interno del cratere Voragine, uno dei quattro crateri sommitali dell’Etna. L’attività consiste in esplosioni di intensità e frequenza variabile, con lancio di bombe incandescenti accompagnato talvolta da piccole quantità di cenere vulcanica; in alcuni casi le bombe sono proiettate oltre l’orlo della depressione interna della Voragine e fino a qualche decina di metri sopra l’orlo craterico.
Dall’inizio di novembre, l’ampiezza del tremore vulcanico aveva mostrato una serie di fasi transitorie, con evidente incremento dell’ampiezza del segnale e uno spostamento della sorgente del tremore verso la superficie e da una posizione sotto il centro dell’area sommitale verso sud-est e poi sud. Alcuni di questi episodi sono stati accompagnati da un visibile aumento del degassamento dal Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC), in particolare da una zona fumarolica sull’alto fianco orientale del suo cono, dove la telecamera termica di Monte Cagliato (EMCT) ha anche registrato piccole anomalie termiche. Dopo un ulteriore episodio di elevata ampiezza del tremore nei giorni 20-22 novembre, nella notte del 24-25 novembre si era osservata una debole attività stromboliana dalla stessa zona fumarolica sull’alto fianco orientale del cono del NSEC.
La buona visibilità dei giorni 29-30 novembre ha permesso di constatare la presenza di un nuovo piccolo cratere a pozzo (“pit crater”) sull’alto fianco orientale del cono del Nuovo Cratere di Sud-Est. Si tratta della bocca apertasi durante l’attività stromboliana della settimana precedente, ed è ubicato qualche decina di metri sotto l’orlo orientale del NSEC, con un diametro di approssimativamente 15-20 m. Questo nuovo cratere a pozzo è tuttora sede di un debole degassamento, mentre di notte si osservano debolissimi bagliori al suo interno.